La Giornata è stata aperta dal saluto del Direttore generale Sergio Menapace. “Questo momento è fondamentale per incontrare i produttori e fare un bilancio dell’annata, ma soprattutto per impostare la strategia del nostro trasferimento tecnologico, ragionando in prospettiva e tenendo conto dei cambiamenti climatici, che ci impongono monitoraggi e previsioni attente dei parassiti e delle patologie”. L’introduzione dei lavori e la moderazione è stata affidata al dirigente del Centro Trasferimento Tecnologico Claudio Ioriatti.
“Il 2018 sarà ricordato come un’annata molto positiva”, è stata l’analisi di Maurizio Bottura, tecnologo della Fondazione Edmund Mach. “Le produzioni sono state ampiamente sopra la media, grazie a una buona fertilità, un ottimo germogliamento e una buona allegagione. Come è avvenuto negli ultimi anni, le temperature di aprile hanno determinato una fioritura anticipata e la vendemmia è iniziata in anticipo, subito dopo ferragosto. Dal punto di vista fitosanitario, nonostante le prolungate bagnature, non sono stati rilevati danni rilevanti nei vigneti, merito della difesa puntuale e attenta. Va però rilevato che le infezioni di peronospora sono sempre più anticipate, 10 giorni prima di media rispetto a 30 anni fa”.
La vendemmia si è avvantaggiata di un andamento climatico favorevole che ha permesso di raccogliere al meglio, soprattutto in confronto allo scarso 2017: nel 2018 in Trentino sono stati vendemmiati 1,34 milioni di quintali di uva nella quasi totalità in condizioni di ottima sanità. “Le fermentazioni sono state molto regolari, con ottime rese uva-vino e limitate problematicità”, hanno spiegato Luciano Groff e Mario Malacarne (FEM). “I vini ottenuti sono profumati, soprattutto Pinot grigio, Traminer aromatico, Teroldego e Merlot. Anche in questa annata è stato strategico il controllo dell’evoluzione della maturazione per raccogliere nel momento ottimale, sviluppando un’enologia che valorizzi l’identità varietale e il territorio”.
Per quanto riguarda le patologie, si è partiti dalla situazione del mal dell’esca per passare poi ad altre malattie fungine, ricomparse in alcune aree viticole italiane. “In Trentino le infezioni da marciume nero sono state osservate solo su varietà di vite tolleranti a odio e peronospora, in quanto non trattate o con pochi trattamenti fungicidi, principalmente in Valsugana. Inoltre, sempre su cultivar tolleranti, nel 2018 è stata isolata l’antracnosi, mentre in alcuni vigneti della Vallagarina è stato identificato il marciume radicale lanoso, che era già stato segnalato da tempo sul melo”, hanno riportato Bruno Mattè e Daniele Prodorutti (FEM).
È in costante ampliamento l’areale della Flavescenza dorata, anche se l’incidenza delle piante sintomatiche è generalmente molto bassa. Dai controlli effettuati dai tecnici della Fondazione Edmund Mach in 555 vigneti, per un totale di 260 ettari e 20 varietà, è emerso che l’incidenza media generale è costante sullo 0,2% negli ultimi tre anni, ma in alcune zone, come le aree collinari di Trento, la presenza di questa fitoplasmosi è in aumento. “Le osservazioni effettuate sulla durate del volo dell’insetto vettore, la cicalina Scaphoideus titanus, e i risultati preliminari sul ruolo della flora dell’interfilare del vigneto, sono elementi importanti per le strategie di contenimento dell’insetto e quindi della malattia”, ha affermato Alberto Gelmetti (FEM).
Di grande interesse è stata la presentazione dello studio triennale seguito dagli esperti FEM in collaborazione con l’Università degli studi di Parma sull’interazione tra formiche e cocciniglia farinosa della vite, alla base del marciume acido. “La presenza della formica nei vigneti è il primo segnale della presenza del Planococcus ficus. La cocciniglia, insetto difficile da individuare per le sue dimensioni e per le sue capacità di nascondersi, produce infatti melata, della quale le formiche si nutrono. Ecco che allora si può sfruttare il comportamento delle formiche come segnale dell’inizio di infestazione di Planococcus, una sorta di campanello di allarme per interventi preventivi”, ha illustrato Marco Delaiti (FEM).
In chiusura l’intervento del direttore di Co.Di.Pr.A, Andrea Berti. “L’integrazione dei diversi attori della filiera viti-vinicola trentina è sicuramente un valore aggiunto della nostra realtà produttiva, aspetto che ha permesso di raggiungere livelli ottimali di remunerazione anche grazie alla forte propensione di assicurare la produzione. Assicurazione che ha visto una forte evoluzione negli ultimi anni, partendo dall’introduzione della possibilità di assicurare la qualità nel prodotto uva da vino per arrivare sino all’istituzione dei fondi mutualistici. Una crescita condivisa con viticoltori, tecnici, associazioni e istituzioni. Esempio di integrazione che permette di raggiungere traguardi importanti nella gestione del rischio e non solo, come nel caso dei partenariati europei per l’innovazione come il PEI ITA 2.0 dove il Consorzio è in partnership con Fondazione Edmund Mach, Università di Padova, Coldiretti Trento, Asnacodi, C.A.A. ATS (Confagricoltura), Itas Mutua ed A&A”.