Al Museo delle Palafitte di Fiavé un progetto sperimentale per affrontare l’Alzheimer.
di Luisa Moser e Renzo Dori
Settembre è il mese internazionale dedicato all’Alzheimer. Un rapporto diffuso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e Alzheimer’s Disease International (ADI) fornisce una panoramica autorevole sull’impatto della demenza in tutto il mondo. La malattia di Alzheimer oggi colpisce 800 mila persone in Italia (oltre 40 milioni nel mondo).
Si stima che in Trentino le persone con demenza siano circa 7.000 e ogni anno i nuovi casi diagnosticati sono più di 600. Il deterioramento cognitivo e della memoria porta il paziente malato di Alzheimer ad avere danni progressivi nelle attività del vivere quotidiano e molti altri sintomi psico-comportamentali che portano alla perdita dell’autonomia, fino a non essere più autosufficienti.
Attualmente non esiste una terapia risolutiva per questa malattia, che è inesorabilmente progressiva. Tra i numerosi interventi terapeutici non farmacologici proposti nel corso del tempo, gli studi più recenti hanno evidenziato come l’arte e le attività creative possano svolgere un ruolo terapeutico nei confronti di questi pazienti, poiché agiscono su circuiti emozionali che, rispetto a quelli cognitivi, restano preservati più a lungo nel decorso della malattia. Anche i musei possono dare un contributo per mantenere le persone con demenza il più possibile integrate nella trama di relazioni sociali e culturali.
In quest’ottica i Servizi Educativi dell’Ufficio beni archeologici della Soprintendenza per i beni culturali hanno proposto all’APSP di Povo (da tempo dotata di un nucleo specializzato e impegnata nella ricerca di soluzioni non farmacologiche rivolta a pazienti con Alzheimer) il progetto “T-essere Memoria”, un percorso sperimentale con un gruppo di 12 malati di Alzheimer ospiti della struttura, attuato da febbraio a giugno 2015. Il progetto si è articolato in sei incontri e un’uscita finale presso il museo e l’area archeologica.
Partendo dai reperti rinvenuti a Fiavé, si è dato ampio spazio all’osservazione, alla manipolazione e alla discussione, in modo da mettere in atto la stimolazione cognitiva e la valorizzazione delle abilità residue. Sono stati inoltre proposti laboratori di tessitura, lavorazione dell’argilla e preparazione del burro. Tutte le pazienti hanno partecipato volentieri (aspetto non scontato per chi soffre di Alzheimer), si sono messe in gioco, sono state emotivamente coinvolte e hanno saputo riprodurre, con estrema facilità e grande attenzione antichi gesti, dimostrando come alcune abilità, quali il “saper fare”, la manualità e la creatività permangano nonostante la malattia, se adeguatamente sollecitate. La visita al Museo delle Palafitte ha concluso il percorso: uscire dalla struttura protetta per andare in un posto nuovo e sconosciuto è stato un momento denso di emozioni e arricchente.
L’esperienza ha confermato che il museo, se reso fruibile e “partecipativo”, pu. avere un ruolo sociale e può aiutare nel decorso della malattia a migliorare la qualità di vita dei pazienti ma anche di chi si occupa di loro, i care givers, i quali si trovano a condividere questa devastante patologia.
Il Gruppo di lavoro che ha seguito il progetto è composto da: Luisa Moser (responsabile dei Servizi Educativi dell’Ufficio beni archeologici, Soprintendenza per i beni culturali), Roberto Maestri, Alberta Faes e Emanuela Trentini (animatori, fisioterapista e educatori della APSP di Povo).
Informazioni
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tel. 0461 492161
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