"Fin da piccolo – ha esordito nel suo racconto – ero drogato di ciclismo e quando il Corriere della Sera mi ha chiesto di seguire per il giornale di Giro d’Italia non potevo non accattare e mi sono subito organizzato. Anche dal punto di vista pratico: 24 giorni di spostamenti, mi sono detto, ci vorranno 24 paia di mutante! E ho provveduto.”
Era Giro d’Italia del 2013, vinto da Nibali, del quale Fabio Genovesi racconta le storie degli “attori non protagonisti”, della fatica che ci si dimentica. Quello che la televisione non riesce a farci vedere. In auto, a piedi, su traghetti, bus e funivie, per migliaia di chilometri una carovana piena di colori. Tre settimane girando tutta l’Italia, dalle spiagge del Sud alle montagne più impervie delle Alpi. Lo scrittore, che fin da bambino sognava di partecipare al Giro d’Italia, si è buttato in quest’avventura con entusiasmo, pronto a infiammarsi per l’epica che il ciclismo da sempre sprigiona. Ma presto scoprirà che la tenacia e la passione dei corridori sono solo una parte della storia. Dalle pagine del libro, scritto con grande umorismo e coinvolgente ritmo narrativo, emergono personaggi carichi di umanità come Darwin Atapuma, ciclista colombiano figlio di campesinos che voleva fare il muratore, come l’inossidabile ciclista-cantante Dino Zandegù.
Maurizio Fondriest, ex ciclista campione del mondo nel 1988, ha arricchito la presentazione del libro con i suoi ricordi, ha parlato di Gianni Bugno, di Chiappucci e Indurain. Ma anche dell’uzbeko Abduzaparov e di un certo Tommasini che vinse al Giro la classifica dei giovani.
Un libro che non si limita a raccontare l’epica del ciclismo, ma rappresenta la metafora “on the road” di un Paese, delle sue debolezze e dei suoi sogni.