
Come spiega Monti, la scalata del Gasherbrum IV richiese alla cordata di punta, formata da Walter Bonatti e Carlo Mauri, il superamento di tratti difficilissimi; fu una lotta durissima, al limite dello sfinimento, anche a causa delle terribili condizioni meteorologiche, al punto che Bonatti parlò di "fatica immane", arrivando a maledire la montagna. Da allora ad oggi, almeno per gli alpinisti più celebri, non è cambiamo molto: "L'approccio di allora era pionieristico - commenta Barmasse - ma ancora oggi i grandi alpinisti, saranno una ventina in tutto il mondo, scalano le cime più elevate e impegnative senza ossigeno. Si parla di stile alpino, ovvero salire e scendere le montagne solo con l'attrezzatura che ci si porta dietro". E invece ormai da anni: "Sentiamo dire che le montagne vengono sporcate, i campi base sono abbandonati con tutta l'attrezzatura - prosegue Barmasse -. Sappiamo per esempio che nelle acque della valle dell'Everest sono state trovate le stesse microparticelle di plastica che inquinano i nostri oceani".
Per questo è sempre più necessario portare rispetto alla montagna, abbracciare "l'idea di rinuncia", che lo stesso Bonatti più volte riportava nei suoi scritti. "Per me le montagne sono tutta la mia vita - sono le conclusioni di Barmasse, stimolato dal direttore Monti - non dobbiamo mai dimenticare l'etica dell'alpinismo, è esplorazione dei limiti dell'uomo, è esplorazione geografica e, soprattutto, ci si mette in gioco per sé stessi, non certo per gareggiare con qualcun'altro, perché quando ci si mette in gioco per sfidare gli altri cade il significato della montagna. Con l'alpinismo ci giochiamo la vita, non ci sono regole per dire chi è il migliore, è una dimensione romantica e questo è bellissimo. Dobbiamo togliere per avere, cercare di vivere di più con le nostre emozioni, riscoprirci uomini".