Mercoledì, 13 Ottobre 2021 - 11:07 Comunicato 2938

Ieri il centenario dell'istituzione roveretana, presente per la Provincia l'assessore allo sviluppo economico, ricerca e lavoro
Un secolo di storia, cent'anni di storie al Museo della Guerra

Alla cerimonia istituzionale, che è caduta nel giorno esatto in cui cent’anni fa Vittorio Emanuele III inaugurava il Museo insieme ai suoi fondatori, il presidente del Museo ha ricordato la lunga strada che lo ha portato a divenire uno dei maggiori musei storici italiani e ha anticipato le sfide del museo per il futuro.
A condividere questo importante appuntamento c’erano i rappresentanti delle maggiori istituzioni pubbliche che sostengono il museo: l’assessore allo sviluppo economico, ricerca e lavoro della Provincia autonoma di Trento, il sindaco di Rovereto e il presidente della Comunità della Vallagarina. Con l’occasione sono state presentate anche due nuove sale espositive, che rappresentano una nuova tappa nel processo di riallestimento complessivo del Museo.
Visita dei legionari trentini 6 ottobre 1921 [ © MSIGR]

E se il presidente dell'istituzione ha evidenziato come il Museo della Guerra non sia solo di valenza locale, ma è stato capace di ricavare un ruolo di rilievo a livello nazionale e di dialogare con musei ed enti di ricerca nel contesto europeo, il sindaco ha sottolineato l’impegno del Comune a proseguire nel supportare il museo e le sue attività, mentre l'assessore provinciale si è quindi complimentato con il Museo che rappresenta un esempio all’interno del sistema museale trentino, infine il presidente della Comunità ha messo in luce come l'istituzione in cento anni abbia saputo trasformarsi da luogo di conservazione e memoria a importante polo culturale che dialoga con territorio.
Gli anniversari offrono l’occasione di fare un bilancio della propria storia ma “per il Museo della Guerra - dice il direttore del Museo Francesco Frizzera - il centenario costituisce il momento in cui ridefinire la propria identità e i propri obiettivi, partendo da una riflessione critica sulle tante stagioni che ha attraversato, anche quelle che hanno avuto una connotazione storica marcata e nelle quali il Museo è stato attore di primo piano della costruzione di memorie”.
Nella mission del Museo, che oggi si rinnova e si amplia, sono sintetizzate le linee guida della sua attività, Tre gli assi principali sviluppati negli ultimi anni dal Museo e sui quali si intende proseguire il lavoro, con rinnovato impegno e determinazione: la valorizzazione del patrimonio materiale e immateriale della Prima guerra mondiale e dei conflitti dell’età contemporanea, il dialogo con i diversi pubblici del Museo e il rapporto con il territorio.
Frutto delle proficue collaborazioni del Museo con gli altri enti e istituzioni, è la docu-serie televisivadedicata al Museo, una produzione di History Lab, canale digitale della Fondazione Museo storico del Trentino. Giuseppe Ferrandi ha sottolineato come questo progetto video, intitolato “Il castello” con la regia di Andrea Andreotti, “risponda alla necessità di raccontare il Museo e la grande passione di chi ci lavora, un museo grande e importante quanto lo è la sua capacità di relazionarsi con i suoi donatori, i suoi soci, i visitatori”.
La cerimonia si è conclusa con un intervento dello storico Nicola Labanca, professore ordinario di Storia contemporanea all’Università di Siena e già membro del Comitato scientifico del Museo, che ha lanciato alcune riflessioni sulla natura e la funzione dei musei storici nella contemporaneità.
Il Museo è quindi pronto a raccogliere la sfida del suo secondo secolo di vita, contando su un ruolo ormai consolidato che punta a posizionarsi anche in ambito internazionale, come polo di riferimento per lo studio e l’interpretazione dei conflitti, superando in via strutturale il confine cronologico del primo conflitto mondiale.

La nascita del Museo della Guerra
Dopo un primo allestimento provvisorio realizzato nei primi mesi del 1921 nelle sale di Palazzo Armani, in via della Terra a Rovereto, il Museo viene inaugurato ufficialmente il 12 ottobre 1921 nella sua collocazione definitiva all’interno del Castello di Rovereto, alla presenza del Re d’Italia Vittorio Emanuele III.
Alle dodici sale allestite inizialmente, se ne sarebbero aggiunte altre undici entro il 1925 e altre ancora negli anni successivi.
Il percorso di visita originale proponeva una visione ideologica del conflitto, inteso come ultima tappa del programma risorgimentale. L’esposizione aveva un obiettivo fortemente pedagogico: il museo viene proposto come luogo nel quale celebrare l’annessione del Trentino all’Italia; della guerra non si ricercano le cause, né si illustra il susseguirsi cronologico degli eventi.
Tra i personaggi promotori della nascita del Museo si segnalano il roveretano Giovanni Malfer, collezionista con un interesse specifico per le armi e la loro evoluzione storica, di professione assicuratore, fuoriuscito a Firenze durante il conflitto; Giuseppe Chini, patriota con interessi per la storia locale, impiegato nella Cassa malattia di Rovereto, confinato a Katzenau dal maggio 1915, poi ad Eferding (1917), infine incarcerato (1918) come parte dell’élite irredentista trentina rimasta in Austria allo scoppio del conflitto; Antonio Piscel, figura di spicco del socialismo trentino, con buoni contatti col mondo socialista austriaco ed italiano, che durante il conflitto aveva svolto la propria opera presso l’Ufficio Informazioni della I Armata a Verona; don Antonio Rossaro, sacerdote, che a Rovigo durante la guerra aveva dato vita alla rivista “Alba trentina”, uomo di straordinario talento nel creare liturgie e ritualità patriottiche, che raggiungono l’apice con l’ideazione e la posa della Campana dei Caduti.
Il carattere eterogeneo della ristretta cerchia di promotori fu contrappesato con la nomina degli esponenti dell’élite cittadina ottocentesca Valeriano Malfatti e Carlo Candelpergher, rispettivamente presidente onorario e presidente effettivo, e di Gustavo Chiesa – padre di Damiano – alla carica di direttore (1923-24). In un secondo momento Mario Sommadossi, volontario di guerra e mutilato, verrà nominato presidente (1923-1927) e Mario Ceola, anch’egli volontario come ufficiale d’artiglieria e poi osservatore d’aviazione, direttore (1924-1939), a seguito delle defezioni di Candelpergher e Chiesa. Pur non essendo elemento prevalente dell’immagine del Museo, gli ex combattenti – volontari nel Regio esercito – diventano elemento centrale nella vita del Museo e orientano le scelte di politica culturale e quelle allestitive nei primi decenni della sua attività.

Fonte: Museo storico italiano della Guerra di Rovereto

(at)


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