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Il sopralluogo ha confermato come Monte San Martino sia uno dei siti archeologici più vasti e più importanti del Trentino. Posto in posizione strategica lungo quelle che in antichità erano importanti vie di comunicazione e frequentato sin dall'epoca protostorica, custodisce le testimonianze di oltre duemila anni di storia e non a caso è da decenni terreno di indagine da parte degli archeologi.
Tre gli "attori" presenti, in una virtuosa collaborazione: la Provincia autonoma di Trento con la struttura competente in materia di beni archeologici, il Comune di Comano Terme (già di Lomaso) e la Bayerische Akademie der Wissenschaften, senza contare poi il coinvolgimento di altri enti quali la Fondazione Bruno Kessler, la Kommission zur vergleichenden Archäologie römischer Alpen- und Donauländer-München, il Laboratorio di Archeobiologia-Como e molte Università - da Milano a Bamberg, da Innsbruck a Trento, da Monaco di Baviera a Francoforte, a sottolineare la valenza del sito.
La quantità e la qualità delle strutture emerse e dei reperti recuperati (epigrafi, vasellame vario in ceramica comune o in terra sigillata, anfore, lucerne, monete di vario tipo, fibule, pendagli ornamentali e strumenti di lavoro quotidiano) fanno infatti di Monte San Martino un sito di ricerca scientifica privilegiata, indagato a partire dal 1969 ad oggi, inizialmente da parte di appassionati locali e quindi dall'Ufficio Beni archeologici della Provincia autonoma di Trento.
L'area è stata frequentata in modo continuo, seppure con modalità diverse, dall'epoca protostorica all'età moderna. La sua posizione di altura e il rinvenimento di reperti della seconda età del Ferro (V-I secolo a.C.) suggeriscono la pratica di riti religiosi che prevedevano, come atto conclusivo, l'offerta di oggetti e di sacrifici animali in grandi roghi votivi (Brandopferplätze).
Nella successiva età romana viene edificato un vasto complesso interpretato come santuario, la cui planimetria è ancora ben leggibile: vari ambienti, realizzati con terrazzamenti nella zona sommitale, compongono due grandi blocchi separati da un'area centrale pianeggiante, raggiungibile attraverso una lunga scalinata. Il santuario funziona fino alla fine del III – inizio IV secolo d.C.: a partire da questo periodo la frequentazione pare spostarsi dalla sommità verso la zona meridionale del dosso, dove si erigono alcuni edifici destinati ad abitazioni, probabilmente in relazione con altri resti murari, individuati lungo il versante, che farebbero pensare ad una cinta fortificata. Ed è proprio sulla zona meridionale che si sono concentrate le indagini degli ultimi anni, che hanno visto emergere i resti di un insediamento tardoromano-altomedievale e di una piccola chiesa probabilmente di epoca longobarda o carolingia (VIII-IX secolo). La chiesa, dedicata a San Martino, è menzionata per la prima volta nel 1288. Ricostruita più volte, è officiata fino al 1750.
Oggi, dopo averlo individuato sul terreno, scopo del progetto è indagare e interpretare questo singolare insediamento di cui nessun testo e nessun documento d'archivio riferisce. Farlo significa guardare anche a momenti della storia trentina tra i meno conosciuti , per recuperare un contesto straordinariamente conservato nelle sue parti fondamentali, così come anche oggi, durante il sopralluogo, è stato facile ed insieme emozionante constatare. -