La specie nuova
Atheris matildae, rispetto alle specie affini, è di maggiori dimensioni e vivacemente colorata, sui toni del giallo e del verde brillante. I due piccoli "corni", formati da squame allungate, che si allungano sopra gli occhi, le hanno valso l'appellativo di "cornuta". E' di abitudini arboricole e, con tutta probabilità, caccia anfibi tendendo loro agguati lungo i torrenti della foresta.
Importante rinvenimento da un punto di vista evolutivo, questa nuova specie è stata trovata in un'area lontana dalle altre zone di presenza di specie simili, avvalorando l'ipotesi di un hotspot di speciazione di serpenti forestali nel sud della Tanzania.
Allo stato attuale delle conoscenze, la nuova specie sembra essere presente solamente in alcuni piccoli frammenti di foresta, dove oltre alla vipera sono state scoperte numerose altre specie di rettili, anfibi e qualche mammifero, ancora in corso di studio; si tratterebbe dunque dei residui di un paesaggio forestale molto più vasto, scomparso nel corso degli ultimi secoli.
Appena identificata, la vipera cornuta di Matilda, è già esposta ad un non trascurabile rischio d'estinzione. Fin dalla descrizione, per lei è stata infatti proposta la categoria IUCN di conservazione "Critically Endangered", lo scalino immediatamente precedente allo stato di estinta in natura. Si tratta quindi di una specie che corre il rischio di scomparire pochi anni dopo la scoperta.
A minacciarla sarebbe (oltre al limitato areale forestale, che potrebbe venire rapidamente spazzato via da tagli incontrollati) il prelievo a fini commerciali, il cosiddetto wildlife trade o "commercio di specie selvatiche", considerato il secondo mercato illegale al mondo dopo quello della droga, con un giro d'affari stimato di circa 160 miliardi di dollari l'anno.
I rettili rappresentano una componente cospicua delle specie commerciate illegalmente, e una nuova specie di vipera, vivacemente colorata e rara, potrebbe valere migliaia di euro sul mercato dei serpenti da terrario, inducendo commercianti senza coscienza naturalistica ad organizzare devastanti spedizioni di prelievo in natura.
Per questo motivo gli scienziati autori della scoperta e dell'articolo hanno in primis deciso, in accordo con l'editore della rivista scientifica, di mantenere segreta la località della scoperta.
Il mercato di animali selvatici e il progetto di conservazione
"A causa della portata dei traffici illeciti, il mercato illegale di animali selvatici è un elemento che non può più essere ignorato quando si parla di nuove specie" spiega Michele Menegon, ricercatore del Museo delle Scienze e scopritore della specie, "ed è nella responsabilità degli scienziati che descrivono e forniscono informazioni riguardanti nuove specie di potenziale interesse commerciale, assicurarsi che la scoperta non diventi una condanna a scomparire".
In un contesto di mercato globale in cui ogni "nuovo" organismo solleva potenzialmente appetiti collezionistici e innesca rapacità di prelievo e commercializzazione, la scoperta e la descrizione di una specie rischiano di apparire come elementi che ne accrescono la vulnerabilità, ma non va mai dimenticato che solo la documentazione della biodiversità (quindi i survey di esplorazione, le check-list di specie presenti, la catalogazione dei nuovi taxa) consente spesso di attribuire ad aree naturali poco conosciute o scarsamente indagate quella rilevanza gestionale che le renda "preziose" agli occhi degli amministratori locali o nazionali. Una foresta "densa" di specie nuove può aspirare a diventare un nature sanctuary e configurarsi come elemento di promozione di ecoturismo ed altre forme sostenibili di fruizione, mentre una foresta ignota e pertanto ignorata può facilmente andare incontro alla "svendita territoriale" sottesa dalla pratica universalmente diffusa del land grabbing (cessione a basso costo dei territori naturali per uso agricolo).
Consapevoli di questa situazione, gli scienziati del Museo delle Scienze di Trento e di WCS hanno deciso di giocare d'anticipo, raccogliendo alcune coppie di rettili e iniziando un programma di riproduzione in cattività. Il fine è quello di avere una sorta di "assicurazione di sopravvivenza" della specie (le popolazioni allevate in cattività per evitare l'estinzione di una specie vengono chiamate "insurance populations") e di poter in qualche modo gestire il mercato fornendo esemplari di allevamento che prevengano o comunque riducano il prelievo in natura.
Tramite la riproduzione in cattività, il progetto dei ricercatori intende mettere a disposizione del mercato di privati e di zoo interessati a prendere parte alla conservazione della specie, alcuni esemplari di vipera (principalmente i piccoli nati dalle coppie in cattività in Tanzania). Questo consentirà di iniziare un programma di conservazione "in situ" - di concerto con la popolazione locale – e di porre sul mercato esemplari di certificata nascita in cattività, evitando (o rendendo comunque molto meno redditizio per i catturatori) il prelievo a spese delle popolazioni naturali.
I ricercatori sono convinti che, una volta entrata a regime la riproduzione dei rettili da parte di zoo e privati, il prezzo di mercato subirebbe un brusco abbassamento e la domanda degli appassionati di terrario si concentrerebbe sugli individui riprodotti in cattività, spostando sensibilmente il baricentro del mercato sulla sua componente "legale" degli esemplari di allevamento.
Ecco dunque che, tramite un attento programma di riproduzione presso zoo ed altre istituzioni, la vipera, complice la sua bellezza e l'appeal che genera nei collezionisti, potrebbe produrre parte delle risorse economiche necessarie a "pagare" la sua conservazione: parte degli esemplari nati in cattività andrebbe a soddisfare (senza danno per la conservazione) quello stesso mercato che potrebbe facilmente distruggere le popolazioni selvatiche e generare ricchezza per i villaggi che vivono a margine della foresta: gli abitanti verranno coinvolti nell'allevamento in cattività e finiranno col vedere, nella sua presenza in natura nella "loro" foresta, un valore da proteggere, che attira interesse e risorse e può essere gestito in maniera sostenibile e conservativa. L'attenzione alla "risorsa vipera" porterà auspicabilmente, di riflesso, ad una maggiore attenzione all'ecosistema forestale e farà da volano alla promozione di un programma community based di valorizzazione e conservazione della foresta in cui questa specie vive.
Il Museo in Tanzania
Unico museo in Italia a gestire una sede territoriale all'estero, il Museo delle Scienze di Trento opera in Tanzania da oltre un decennio, contribuendo alla conoscenza e conservazione di uno dei territori di maggiore valore biologico del continente africano e alla formazione delle generazioni di giovani che saranno chiamati a prendersene cura. L'azione del Museo contribuisce alla conoscenza e alla protezione dell'ecosistema tramite la ricerca, la documentazione e il monitoraggio, e attraverso progetti che promuovono la conservazione della biodiversità locale. Il Centro di Monitoraggio ecologico sui Monti Udzungwa è la sede organizzativa e di supporto logistico alle azioni dei ricercatori, parte di un programma pluriennale di ricerca e conservazione realizzato col supporto dell'Assessorato alla solidarietà internazionale e alla convivenza della Provincia autonoma di Trento. (cv) -