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"Le nostre società sono cambiate nello loro struttura familiare e demografica. Si sono verificati eccessi di protezione per esempio sulla vecchiaia, che in Ue viene concepita nel momento in cui si va in pensione – ha premesso nel suo intervento il professor Maurizio Ferrera – secondo parametri che nel corso del tempo sono passati dai 70 anni del ‘900 ai 60 anni per gli uomini e 55 per le donne degli anni settanta". Nel secolo scorso la pensione copriva un vero e proprio rischio, perché era raro sopravvivere oltre i 70 anni di età, oggi ci sono altri rischi come la soglia di povertà assoluta. Nel meridione sono 1,3 milioni i bambini sulla soglia della povertà assoluta, erano la metà nel 2009, segno che la crisi economica ha colpito duramente. Per povertà assoluta, ha chiarito Ferrera, significa non potersi permettere, ad esempio, la carne due volte la settimana e comprarsi due volte l'anno un paio di scarpe nuove. I modelli di welfare degli ultimi decenni sono cambiati compresi quelli di Paesi come Norvegia e Svezia perché le società sono disomogenee e il welfare comincia a scricchiolare.
I diritti sociali pilastro del welfare e della politica sociale del XX secolo non possono essere considerati dei valori assoluti che non possono essere messi in discussione. Da qui si può partire per interpretare le dinamiche chi ci accompagnano nella transizione da un'economia industriale a una basata sulla conoscenza. I diritti sociali comportano oggi una riforma per la redistribuzione intergenerazionale, ma i flussi di redistribuzione in Italia affondano su un bilancio del welfare complesso così come è frammentata la platea di chi riceve e di chi paga. In Italia sono molte anomalie sulla spesa sociale ed è il Paese europeo, insieme alla Grecia, con spesa pensionistica più elevata, pari a circa il 60% di tutta la spesa sociale. Necessario pertanto uscire dall'ideologia dell'assitenzialismo ma pensare a nuove forme di solidarietà che non si appoggiano solo sulle risorse pubbliche. -