Le campagne di screening sono interventi di prevenzione secondaria: non evitano l'insorgenza del tumore (un traguardo raggiungibile con l’adozione di uno stile di vita salutare e con strategie di prevenzione primaria) ma hanno l'obiettivo di intercettarlo per tempo, quando è ancora facilmente curabile senza compromettere gravemente le qualità della vita. Gli screening sono esami condotti a tappeto su una fascia di popolazione piuttosto ampia che risulta a maggior rischio di sviluppare il tumore rispetto al resto della popolazione. Lo screening organizzato non è semplicemente un test, ma un percorso che prevede la ripetizione della stessa indagine ad intervalli regolari e pianifica una serie di tappe in risposta al risultato di queste indagini. Chi aderisce allo screening, perché in fascia d’età definita a rischio, viene accompagnato in tutto il percorso, anche di fronte ad una diagnosi di tumore e anche dopo il trattamento che si rende necessario. L’attivazione di campagne di screening organizzato tende a ridurre il numero di persone che eseguono uno screening spontaneo, prenotando autonomamente un esame di controllo. In Trentino le campagne di screening si concentrano su tre tipi di tumore: collo dell'utero, seno e colon retto.
Lo screening per il tumore al collo dell'utero è rivolto alle donne tra i 25 e i 64 anni, invitate a fare, a seconda della fascia d'età, il Pap test o l'Hpv test, esami che si eseguono in ambulatorio con un prelievo ginecologico. L’Hpv test ricerca il papilloma virus umano, un virus che può portare allo sviluppo di tumore, mentre il Pap test indaga le alterazioni delle cellule della cervice dell’utero che possono essere segno di un tumore o di un suo precursore. Per entrambi i test, se il risultato è normale, si verrà invitate dall’Apss a ripetere l’esame dopo tre anni (Pap test) o dopo cinque anni (Hpv test). Altrimenti, se i test rilevano la presenza del virus o di cellule alterate, si verrà contattate per eseguire ulteriori accertamenti.
Lo screening per il tumore al collo dell'utero in Trentino è partito nel 1993. Nel 2016 sono state coinvolte 42mila donne (che hanno ricevuto una lettera di invito): di queste, il 36% ha aderito a programma, sottoponendosi ai test. Grazie allo screening sono stati individuati 2 carcinomi e 80 lesioni precancerose. L’adesione allo screening a livello nazionale si attesta sul 40%.
Dal primo marzo 2017 è iniziata in Trentino la fase di transizione verso il nuovo screening per la ricerca del papilloma virus. Tutte le donne residenti comprese tra i 31 e i 64 anni passeranno gradualmente nei prossimi tre anni al nuovo screening mentre il Pap test sarà utilizzato solamente per le donne tra i 25 e i 30 anni. Non cambia nulla nel metodo di raccolta del campione da analizzare, ma le donne riceveranno una lettera con un appuntamento predefinito per recarsi nelle strutture aziendali. Quest’anno hanno beneficiato del nuovo screening le donne in fascia di età tra i 50 e i 61 anni.
La mammografia è invece lo strumento più efficace per diagnosticare precocemente un tumore al seno. Viene eseguita con un particolare apparecchio radiologico in grado di identificare alterazioni, anche minime, che potrebbero essere causate da un tumore in fase iniziale. In caso di esame normale si riceverà l’invito a ripetere la mammografia dopo due anni, altrimenti si verrà contattati per ulteriori approfondimenti. Il programma di screening in Trentino è partito nel 2000, coinvolgendo le donne tra i 50 e 69 anni. Nel 2016 sono state inviate 34mila lettere, con un’adesione allo screening dell’84% (il dato nazionale è al 60%) che ha permesso di individuare 168 carcinomi.
Il tumore del colon retto e i suoi precursori possono essere individuati attraverso la ricerca del sangue occulto nelle feci. Lo screening – rivolto a donne e uomini tra i 50 e i 69 anni – è un esame molto semplice che non richiede diete particolari e si effettua a casa propria, utilizzando un kit distribuito gratuitamente nelle farmacie. In caso di risultato normale, si verrà invitati a ripeterlo dopo due anni. Se l’esame rileverà la presenza di sangue, si verrà contattati per eseguire una colonscopia, un approfondimento diagnostico più specifico. Lo screening per il tumore del colon retto compie quest’anno dieci anni. Nel 2016 sono state contattate 60mila persone: di queste il 55% ha fatto il test (il dato italiano si attesta sul 40%). I carcinomi individuati grazie allo screening sono stati 28.
Alla conferenza stampa – aperta dal direttore del Servizio ospedaliero provinciale Giovanni M. Guarrera – erano presenti il direttore per l’Integrazione socio sanitaria Enrico Nava, il direttore del Dipartimento di prevenzione Marino Migazzi e i direttori delle Unità operative coinvolte nei programmi di screening.
Marino Migazzi ha evidenziato i benefici dello screening organizzato rispetto a quello spontaneo: «Attraverso la chiamata attiva della popolazione target gli esami vengono fatti nel rispetto dei corretti intervalli di tempo, riducendo così il rischio di approfondimenti non necessari, come può accadere nel caso delle “false positività” derivanti soprattutto in caso di test troppo ravvicinati. Lo screening organizzato – ha proseguito Migazzi – garantisce inoltre la presa in carico su tutto il percorso di cura e il controllo sulle variazioni di stato, permettendo così una migliore appropriatezza diagnostico-terapeutica e il contenimento delle sovra diagnosi. Il tutto all’insegna di standard di qualità ed equità per tutta la popolazione».
Silvano Piffer, direttore del Servizio di epidemiologia clinica e valutativa, ha fatto il punto sull’andamento dei tre programmi di screening. Giovanni de Pretis, direttore dell’Unità operativa multizonale di gastroenterologia ed endoscopia digestiva si è concentrato sullo screening del tumore del colon retto mentre Marco Pellegrini, direttore dell’Unità operativa di senologia e screening mammografico, si è soffermato sul tumore al seno, sottolineando i vantaggi di aver integrato la mammografia con la tomosintesi, che consente di aumentare la riconoscibilità dei tumori e contemporaneamente di risolvere parte dei dubbi diagnostici che avrebbero richiesto un successivo approfondimento.
Sulla fase di transizione che sta vivendo lo screening del tumore al collo dell’utero è intervenuto invece il direttore dell’Unità operativa multizonale di anatomia patologica Mattia Barbareschi, illustrando il nuovo screening molecolare per la ricerca del papilloma virus umano e il rinnovato modello organizzativo di chiamata delle donne, che ha già portato ad un significativo aumento delle adesioni. Il direttore dell’Unità operativa di ostetricia e ginecologia Saverio Tateo si è infine soffermato sulle differenze tra un percorso programmato di screening e il controllo spontaneo annuale.
In chiusura il direttore per l’Integrazione socio sanitaria Enrico Nava ha evidenziato lo sforzo organizzativo messo in campo dall’Azienda sanitaria sul fronte degli screening invitando a «non abbassare l’attenzione sulla prevenzione primaria – che passa principalmente attraverso sani e corretti stili di vita – e a continuare a lavorare per aumentare la consapevolezza della popolazione, in particolare di quel target meno ricettivo, come le categorie più fragili».
La nuova campagna informativa sarà diffusa attraverso diversi materiali informativi cartacei e rilanciata sui media locali e i canali web e social di Apss e della Provincia autonoma di Trento. Con l’obiettivo di incentivare la partecipazione ai tre diversi screening e sensibilizzare la popolazione sull’importanza della prevenzione primaria e secondaria.