Gianluca Galliano, Direttore Tecnico del gruppo Dainese (AGV, Dainese e TCX), racconta la storia di AGV, acronimo di Amisano Gino, il fondatore di Valenza, un’ossessione per la sicurezza che dura da 75 anni, dagli elmetti primordiali del Dopoguerra all’importante evoluzione che portò negli anni ’50, ad avere il primo casco in fibra di vetro e fino agli anni ’70, con il primo casco integrale sempre in fibra di vetro. Con il tempo, questa ossessione è cresciuta sempre di più e già negli anni ’90, è sfociata nella importante collaborazione con Valentino Rossi. Ad un certo punto di questa evoluzione, circa 13 anni fa, l’azienda ha voluto alzare l’asticella della ricerca della sicurezza raggiunta, definendo nuovi requisiti, fatto lo zero rappresentato dagli standard normativi dell’omologazione.
Ne è nato un nuovo protocollo interno ad AGV, improntato su tre aspetti, protezione, performance e comfort, per assettare nuovi standard di sicurezza. Un protocollo che ha portato alla realizzazione di nuovi prodotti nati “per sentire oltre quello che si può vedere” con modifiche che hanno aumentato del 50% le prestazioni dei caschi precedenti.
Quale sarà il futuro di AGV? Aumentare gli standard sicurezza, di certo, ma è previsto un ulteriore step evolutivo, come mettere sul mercato una nuova calotta in carbonio forgiato che la renda ulteriormente più sicura e dotata di una visiera ancora più performante in fatto di visibilità.
La seconda esperienza portata ad esempio è quella della Clinica Mobile, presentata dal direttore dottor Michele Zasa. Tutto nasce da Checco Costa che realizzò nel 1952 un suo sogno, quello di creare un circuito a Imola. Nel 1972, proprio ad Imola, ha inizio un servizio medico in pista, mai visto prima, curato dal figlio, il dottor Claudio Costa con giovani medici in ortopedia e anestesia. Da lì, la Clinica Mobile ha seguito ogni gara in giro per il mondo per portare soccorso ai piloti subito dopo il trauma. Nel 1977, grazie all’aiuto di Gino Amisano di AGV, nascerà la clinica mobile strutturata n. 1, alla quale seguirà la 2, la 3, la 4 e la 5. La 4 e la 5 sono ancora operative nei Campionati del Mondo di MotoGP e Superbike. Oggi è nata la Clinica Mobile 6, una struttura davvero innovativa. Nel tempo, anche l’attività è della Clinica si è sviluppata, in primis perché i circuiti si sono dotati dei loro presidi medici. Attualmente, la Clinica rappresenta la guardia medica del paddock (composto solitamente da 1500 - 2000 persone), fornisce consulenza, pratica attività di fisioterapia e ricopre un ruolo anche di “zona neutra” dove i piloti, soprattutto i più giovani trovano un’area comune e familiare.
Per quanto riguarda l’aspetto innovativo, il dottor Zasa spiega l’importanza di avere in dotazione in Clinica, una cartella clinica elettronica per ogni pilota, che non solo fornisce una panoramica della loro storia medica ma è un’importante raccolta dati su cui fare ricerca e un fondamentale contributo alle aziende che realizzano sistemi di sicurezza e presidi di protezione. Anche la dotazione tecnologica della Clinica Mobile si è parecchio evoluta negli anni: oggi i medici del motociclismo possono contare ad esempio sull’innovazione della radiologia digitale.
Terzo e ultimo intervento è stato presentato dal dottor Giandomenico Nollo, Vice Presidente Vicario Società Italiana di Health Technology Assessment che ha parlato di come la tecnologia possa innescarsi virtuosamente nel binomio sport salute.
Lo sport è permeato di innovazione, di tecnologia a favore di potenza, velocità e spettacolo. Lo sport è un importante acceleratore, fa un grande uso e porta un grande sviluppo di innovazione. Nelle battaglie sportive si giocano anche le battaglie della tecnologia.
Anche la salute è un potente motore di sviluppo scientifico, tecnologico ed economico. Negli ultimi due anni abbiamo visto come ci sia la necessità di spingere sull’innovazione nella sanità. Esempio più eclatante, è lo sforzo di aver realizzato un vaccino in un anno, favorito da una una sinergia pubblico e privato e da un mercato “forzato” ma disponile ad acquisire.
Oggi, abbiamo una grande fame di salute, in primis perché stiamo invecchiando ed è in atto una transizione demografica che vede un mondo di persone con 83 anni di vita media e una natalità sempre minore, con ripercussioni economiche e sociali ma anche sulla salute. Una nuova epidemiologia che richiede nuovi processi e nuovi con l’introduzione di cura innovativi. Uno dei più importanti è proprio lo sport.