Simonetta Agnello Hornby, conosciuta in Italia e nel mondo anche per la sua produzione narrativa - il suo romanzo d'esordio, La Mennulara, vinse fra l'altro il Premio Strega - ha svolto quasi tutta la sua attività di avvocato a Londra, in particolare nel quartiere di Brixton, a sud del Tamigi, considerato negli anni '70 "difficile" in particolare per la forte presenza di immigrati. La sua testimonianza riguardo all'esperienza inglese è stata preziosa, anche perché si tratta a tutti gli effetti un'esperienza di successo basata su alcune "buone prassi" che tutti i paesi e tutti gli enti locali potrebbero potenzialmente adottare.
Ma innanzitutto, cos'è e dove si verifica più di frequente la violenza domestica? "La violenza domestica - ha detto - esiste in tutte le classi sociali e in tutti i paesi, indipendentemente da questioni come la cultura o la religione, anche se naturalmente fattori educativi e di altro genere possono influire, come nel caso della 'mia' Sicilia'. E' essenzialmente un problema di potere. E nella coppia il potere è tradizionalmente esercitato dal padre, dalla figura maschile. L'amore non c'entra nulla, né la gelosia. La violenza è prodotta da chi si sente inadeguato, infelice, e incolpa la donna della sua infelicità. da chi vuole esercitare un controllo assoluto sul familiare e sente di non riuscirci del tutto. Spesso chi la commette ha visto a sua volta da bambino altra violenza".
Agnello Hornby ha lavorato nel primo studio legale britannico ad avere creato un dipartimento specifico sulla violenza domestica, una piccola unità operativa in grado di fornire alla vittima un'assistenza immediata, "perché anche questo è importante, chi trova la forza di rivolgersi ad una struttura per denunciare o per chiedere aiuto è in una situazione di grande fragilità, non le si può dire: torni fra due giorni. Noi facevamo sì che se qualcuno si rivolgeva a noi, poniamo, alle 10 del mattino, alle 14 potessimo essere già in tribunale, pur essendo solo un povero studio di Brixton".
A Trento, però, sulla scorta del libro Il male che si deve raccontare, scritto assieme a Marina Calloni, ha presentato soprattutto l'esperienza di Patricia Scotland, di origini dominicane, già ministra laburista con il governo Blair e oggi membro della Camera dei Lord. Un'esperienza che ha avuto successo non solo nell'abbattere drasticamente i delitti, spesso l'approdo finale di una serie di violenze, da 49 a 5 in un arco temporale di alcuni anni, ma anche nell'assistere i bambini delle vittime e soprattutto ad aiutare concretamente le donne a ricominciare a vivere. Senza dimenticare peraltro gli uomini, che sono quasi sempre ("anche se non sempre, abbiamo anche casi di uomini vittime di aggressioni da parte di donne") gli autori materiali delle violenze domestiche.
"E' un sistema che ha creato praticamente da sola e con la sua Fondazione, senza nemmeno l'appoggio di una legislazione specifica. Il sistema è in sé molto semplice. Da un lato abbiamo una sorta di tutor, attivato immediatamente da uno dei soggetti che hanno a che fare con questo problema, avvocati, forze, dell'ordine, servizi sanitari e così via, quando si imbatte in un caso di violenza. Il tutor agisce secondo un protocollo accettato da tutte la parti in causa e segue la vittima per i primi mesi, diventando una figura centrale. Abbiamo inoltre una struttura permanente, in ogni comune o gruppo di comuni, una sorta di comitato che riunisce, di nuovo, forze dell'ordine, sanità, assistenza sociale e quant'altro. Il comitato si riunisce periodicamente, anche ogni giorno se necessario, per esaminare i vari casi. Si inizia assegnando un punteggio di rischio, da altissimo - pericolo di vita immediato - a molto alto a medio. A seconda di questo punteggio si decide come procedere: se il rischio è altissimo, la donna viene immediatamente ricoverata in una struttura protetta e il tutor comincia a seguirla passo passo. Lungo la strada si sviluppa un programma di assistenza e supporto diversificato, ma intanto si agisce subito, allontanando la vittima dal partner violento".
Non si deve pensare ad una struttura, pesante, burocratica. "Si può decidere se e come agire anche in 20 minuti. In certi casi anche perdere un solo giorno può essere fatale. Oggi questo programma è diffuso in tutta l'Inghilterra, in Scozia e in parte dell'Irlanda del Nord. I processi ai partner violenti sono cresciuti in maniera esponenziale, perché la vittima si sente seguita, non rimane abbandonata a se stessa, le morti sono enormemente diminuite. Inoltre abbiamo coinvolto i datori di lavoro delle vittime, spesso gli ultimi a sapere che la loro dipendente è vittima di violenze, perché abbiamo constatato che il percorso casa-lavoro è quello che espone maggiormente le vittime alla violenza".
In Italia l'esperienza della Edv è stata portata da Simonetta Agnello Hornby e Marina Calloni all'università Milano-Bicocca, che ha siglato nel 2013 un accordo con la fondazione creata da Patricia Scotland. E poi c'è il Trentino, "unica realtà in Italia che io conosca ad avere posto le basi per un'esperienza simile", ha detto la giurista-scrittrice. Con una delibera - la 965 del giugno 2015 - è stato approvato infatti uno schema di convenzione-quadro fra la Provincia di Trento e la Bicocca per approfondire il tema del contrasto alla violenza contro le donne e sperimentare nuove prassi di approccio al problema, che migliorino ulteriormente quelle già esistenti.
Simonetta Agnello Hornby, lo ricordiamo, è stata nei giorni scorsi in Trentino anche per partecipare al Trentino Book festival.
All.: foto, intervista audio, intervista video.
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Ieri la conferenza su iniziativa degli assessorati alle Pari opportunità e alla Salute e politiche sociali
SIMONETTA AGNELLO HORNBY: "LA VIOLENZA DOMESTICA UNA QUESTIONE DI POTERE"
Ferrari: "La Rete antiviolenza trentina si è confrontata con il modello britannico constatandone l'efficacia"
Simonetta Agnello Hornby, classe 1945, giurista e scrittrice di origini siciliane ma dagli anni '70 stabilmente a Londra, ha portato ieri a Trento, su iniziativa degli assessorati alle Pari opportunità e alla Salute e politiche sociali, la sua lunga esperienza di avvocato e giurista soffermandosi in particolare sulla Edv britannica (Fondazione globale per l'eliminazione della violenza domestica), che ha consentito di abbattere il 90% delle morti di donne a Londra (sono loro in larghissima maggioranza le vittime della violenza domestica) e a ridurre del 50% per cento i ritiri delle denunce. Un'esperienza nata per iniziativa di Patricia Scotland, una donna di origini caraibiche, oggi membro della camera dei Lords, con cui Agnello Hornby ha collaborato per circa 30 anni, che presenta molti punti di contatto con la rete antiviolenza creata in Trentino, che coinvolge tutte le realtà e gli enti che ruotano attorno al problema, forze dell'ordine, magistratura, strutture sanitarie e assistenti sociali, volontariato. La Provincia, la scorsa settimana, ha anche avviato una collaborazione con l'Università Milano-Bicocca che a sua volta ha siglato una convenzione con la Edv britannica. "Abbiamo fatto un cammino importante, abbiamo costruito una rete fra i diversi soggetti e servizi ma non è abbastanza - ha detto l'assessora alle pari opportunità Sara Ferrari, intervenuta all'incontro - . Volere è potere, e noi vogliamo migliorare il nostro approccio al tema della violenza domestica e di genere prendendo a modello le migliori prassi oggi esistenti e sostenendo con convinzione questo tipo di sperimentazioni". Per conoscere il modello inglese è stata anche realizzata nel marzo scorso una visita in Inghilterra da parte di rappresentanti della Rete istituzionale antiviolenza trentina, grazie ad un finanziamento europeo. Il Trentino ha così potuto toccare con mano l'efficacia di questo approccio metodologico che vorrebbe importare adattandolo alle esigenze del territorio e alle esperienze già sviluppate.-