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La rigenerazione è una questione squisitamente occidentale. A palazzo Calepini questo tema è stato affrontato sotto tre aspetti: la riqualificazione degli spazi fisici, le interazioni tra le organizzazioni che occupano quei luoghi e i processi emotivi che spingono gli individui a sentirsi parte di un determinato ambiente.
Per l'architetto Stefano Boeri la crescita delle città europee in futuro dovrà avvenire entro i confini già tracciati, senza "mangiare" ulteriore territorio, come invece è avvenuto in passato. Si potrebbe quindi progettare una rinaturalizzazione degli attuali centri urbani. Questo discorso però non vale in tutto il mondo: ad esempio in Cina si continuerà a passare attraverso la costruzione di nuovi insediamenti. "Il punto è che la riqualificazione non può passare solo attraverso l'inserimento di corpi solidi, bensì attraverso la valorizzazione delle energie che abitano gli spazi", ha detto.
L'urbanista Claudio Calvaresi ha evidenziato l'importanza di lavorare attorno a piccoli spazi per farli diventare motori di crescita urbana, portando come esempi alcune community hub delle grandi città, da Torino a Milano, ma anche in aree marginali, come in Puglia, dove è forte la connessione tra lavoro e civismo, tra pubblico e privato, tra resilienza e smartness sociale.
Di coinvolgimento della comunità ha parlato anche il formatore Alessandro Rinaldi, puntando il dito contro l'indifferenza che è la cifra della contemporaneità. Affinché le azioni di rigenerazione urbana funzionino, a suo parere, c'è bisogno del calore delle relazioni. "Prima di far partire un processo e un progetto serve una visione condivisa che parta dal basso".