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Il libro, patrocinato dal Tavolo della Montagna (tsm- Accademia della Montagna del Trentino, composto dal Soccorso Alpino del Trentino, dalle Guide Alpine del Trentino, dal Collegio Maestri di Sci e dall’Associazione Rifugi del Trentino e dalla SAT), contiene i racconti di alcuni tra i più forti alpinisti trentini e italiani. Un’opera nata con un obiettivo sociale: raccogliere i fondi per dotare i rifugi del Trentino di un defibrillatore automatico, da usare in casi di emergenza.
“Mettere un defibrillatore in un rifugio significa mandare un messaggio, collocare una sorta di ripetitore di informazioni che riguardano la cultura del limite. Ma un defibrillatore è solo un hardware: perché funzioni serve un software, che – con una metafora tipicamente alpinistica – è come una cordata, che ha bisogno dell’impegno condiviso e responsabile di molte persone”, ha detto Alberto Cucino, medico rianimatore, tra i relatori dell’incontro di questa mattina.
L’incontro ha rappresentato l’occasione per rendere noti i risultati di una ricerca condotta da Laura Poletti, giovane laureata in scienze infermieristiche e appassionata di montagna: sottoponendo questionari a ben 140 rifugisti e oltre mille escursionisti, ha indagato il rapporto tra ambiente montano e salute, rilevando bisogni e aspettative tanto di chi la montagna la frequenta per passione, quanto di chi in montagna lavora e opera. “Il 77% degli escursionisti intervistati si aspetta di trovare un defibrillatore in rifugio, riconoscendolo come un presidio sanitario necessario”, ha raccontato al pubblico presente in sala.
I rifugi che hanno ricevuto il defibrillatore sono: Rifugio Ai Caduti dell’Adamello, Rifugio Alimonta, Rifugio Antermoia, Rifugio Boè, Rifugio Cima d’Asta Ottone Brentari, Rifugio Carè Alto, Rifugio Contrin, Rifugio Marchetti allo Stivo, Rifugio Passo Principe, Rifugio Potzmauer, Rifugio Treviso, Rifugio Val d’Amola Segantini.