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Nella sua relazione, Cas Mudde ha tracciato l’identikit del populismo. “Può essere di destra o di sinistra a seconda dell’ideologia ospitante”. Se si guarda alla geografia, ha aggiunto, oggi è leggermente più di sinistra nel Sud è più di destra nel Nord, sia in Europa sia in America. E le ragioni del successo dietro a questo fenomeno? “Chi vota populista pensa che le questioni importanti non siano trattate in modo adeguato dalle élite. Inoltre le percepiscono come “tutte uguali””. Un’altro motivo è che le persone oggi sono più scolarizzate e si sentono autorizzate a giudicare i politici (mobilitazione cognitiva). Infine le strutture dei media, e non solo dei social, oggi sono più favorevoli e aperte ai populisti, perché seguono un modello economico. Senza dimenticare che gli attori populisti risultano “attraenti”.
Le conseguenze del populismo sono sia positive sia negative: "di buono c’è che ha ripoliticizzato alcuni argomenti che certe persone ritengono importanti, come l’immigrazione e l’integrazione europea. È invece un problema la polarizzazione del dibattito politico, perché i populisti non hanno opponenti, ma nemici e con i nemici non si discute”.
Il politologo evidenzia poi un aumento nell'uso opportunistico degli strumenti plebiscitari: i referendum piacciono ai populisti quando sono all’opposizione. A questo si aggiunge un indebolimento delle istituzioni non maggioritarie, come le corti e i media. In conclusione, ha argomentato Mudde, ciò che è veramente grave è che il populismo può trasformare una democrazia liberale in una illiberale, o perfino in un’autocrazia.
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