Test per lo screening per la preeclampsia
La preeclampsia, specifica malattia ipertensiva indotta dalla gravidanza si manifesta nel 2-5% della popolazione ostetrica. Rappresenta una delle prime cause di mortalità materna nei paesi ad alte risorse e determina il 25% delle morti endouterine e il 15% delle restrizioni di crescita fetale. L’identificazione precoce nel primo trimestre di gravidanza delle gestanti ad alto rischio di sviluppare la preeclampsia permette di avviare una profilassi con aspirina a basse dosi che, nella popolazione a rischio, può ridurre in maniera significativa l’incidenza di tale complicanza, in particolare nelle forme gravi a esordio in epoche precoci della gravidanza.
Viene quindi introdotto nel Servizio sanitario provinciale, in aggiunta al test combinato, il test per lo screening della preeclampsia rivolto alla popolazione di nullipare alla 12a settimana di gravidanza (circa 1.100 donne/anno), target in cui l'applicazione dei criteri anamnestici risulta meno efficace rispetto alle donne che hanno già avuto gravidanze; peraltro, nelle donne con pregressa preeclampsia, viene di norma eseguita la profilassi con aspirina a partire dal primo trimestre di gravidanza.
Screening delle aneuploidie mediante test prenatali non invasivi (NIPT - Non invasive prenatal test)
La presenza di DNA fetale libero nel plasma materno ha permesso di sviluppare test prenatali non invasivi (NIPT), basati su tecniche di genetica molecolare in grado di rilevare il rischio di anomalie cromosomiche già dalla decima settimana di gestazione. Il NIPT è infatti un test di valutazione del rischio caratterizzato da una sensibilità molto elevata e da percentuali estremamente basse di risultati falsi positivi.
Viene quindi introdotto nel Servizio sanitario provinciale il "Non invasive prenatal test" (NIPT), quale possibile alternativa all’esame diagnostico invasivo, rivolto alle donne a rischio intermedio al test combinato, dalla 12a alla 16a settimana di gravidanza (fino alla 18a settimana in caso di gravidanza gemellare) e alle donne con alto rischio per trisomie che decidono di non eseguire l’esame diagnostico invasivo come prima scelta.
Screening sierologico per Citomegalovirus (CMV) in gravidanza (estensione target)
La recente introduzione del Valaciclovir nell’elenco dei farmaci erogabili a totale carico del servizio sanitario nazionale per la prevenzione dell’infezione fetale e il trattamento della malattia fetale da citomegalovirus ha aperto una possibilità di trattamento sino ad oggi non presente. Questo farmaco, infatti, si è dimostrato in grado di ridurre il tasso di trasmissione del virus al feto di circa il 70% e di portare alla nascita di un neonato asintomatico, in caso di infezione fetale con sintomi lievi o moderati, in circa l’80% dei casi.
Viene quindi esteso lo screening sierologico universale per CMV, con primo prelievo periconcezionale a inizio gravidanza e successivi esami ogni 4-6 settimane, fino alla 24a settimana. Nelle donne sieronegative il prelievo andrà ripetuto con gli ultimi esami della gravidanza a 35-37 settimane per evidenziare anche le infezioni tardive che, benché molto meno pericolose, necessitano di follow-up audiologico del neonato.