Sabato, 01 Giugno 2013 - 02:00 Comunicato 1611

PROCESSO ALLA FINANZA PER CAPIRE LE RAGIONI DELLA CRISI

Un libro articolato come processo in piena regola. I passi consistono nell'identificazione dell'imputato, nell'esposizione dei capi d'accusa, dei fatti, degli argomenti dell'accusa e della difesa. Una riflessione sulla natura del sistema della finanza che cerca di distinguere le buone ragioni dalle cattive, lasciando ai lettori – giudici del processo – il compito di formarsi il proprio verdetto finale. Al Festival il libro di Salvatore Rossi "Processo alla finanza".-

A distanza di sette anni, dopo che il mondo è stato colpito da una gravissima crisi, ci si interroga ancora su cos'è la finanza, sui suoi limiti, sui danni della sua esuberanza. Salvatore Rossi, direttore della Banca d'Italia, ha dialogato con Marco Onaldo, docente presso il dipartimento di finanza della Bocconi, Tonia Mastrobuoni, giornalista de La Stampa e Pier Carlo Padoan, vicesegretario generale dell'OCSE, sui contenuti del suo libro, "Processo alla finanza". Il testo è articolato nella forma di un vero e proprio processo, con tutte le garanzie procedurali del caso. "Quando mi è venuta l'idea di scrivere il libro il movente è stato: qui la gente ce l'ha con la finanza. Per decidere se qualcosa o qualcuno deve essere condannato o no in un paese democratico si dà equamente la parola all'accusa e alla difesa". "Processo alla finanza" ricerca un giudizio meditato su una questione difficile da dirimere. "E' facile risolvere il caso addossando la responsabilità della crisi sui banchieri e sulla finanza. Però un dubbio può esserci".
Prima di tutto ci vogliono dei capi d'accusa. La finanza produce crisi, destabilizza l'economia reale basata sulla produzione di beni. Da qui il secondo capo: è irreale, è una sovrastruttura. E' anche incomprensibile, soprattutto negli ultimi anni, negli strumenti e nei soggetti che la animano. E' anche prodiga perché consente guadagni spropositati a chi ci lavora. E' irragionevole nelle sue esplicitazioni sui mercati finanziari. Per ogni capo d'accusa si dà la parola prima all'accusa e poi alla difesa. Poi come in un processo anglosassone il giudice togato lascia alla giuria popolare il compito di decidere. Il punto centrale della discussione, più che la ricerca di un responsabile in carne ed ossa, è un altro. "La verità è che molta gente ce l'ha con la finanza come abito mentale e schema di comportamento" - commenta Rossi. La conclusione suggerita alla giuria si trova nell'antica necessità di trovare un equilibrio fra l'imposizione di una disciplina e la necessità di offrire libertà di comportamento. Il mercato del credito e del denaro, maneggiando una materia così delicata e fragile come la fiducia, hanno bisogno di regole. Nei trent'anni che hanno preceduto la crisi nell'area angloamericana si è diffusa invece una linea di pensiero teorica che sosteneva invece libertà di lasciar agire la gente. La storia insegna. Le regole non sono la soluzione a tutti i mali, gli incidenti non saranno evitati, ma perché la finanza sopravviva sono assolutamente necessarie. -