Non è nuovo al tema di questo Festival dell’Economia 2021, “Il ritorno dello Stato”, Daron Acemoglu, che fin dal 2006, in tempi non sospetti, ha analizzato la necessità di porre limiti al mercato liberista attraverso la regolamentazione pubblica, e che ora torna a riconfermare il bisogno di un equilibrio tra Stato e società, a sostegno della libertà. Per farlo, si avvale di un’immagine chiave del suo nuovo libro, scritto in collaborazione con James A. Robinson, “La strettoia” ("The Narrow Corridor", 2020), illustrando quello che Hobbes avrebbe definito “Leviatano incatenato” come un corridoio.
«Entrare e uscire da questo corridoio, passando da un “Leviatano dispotico”, quindi una forma governativa simile alla Cina, a un “Leviatano assente” è frequente e semplice – chiarisce il professore del MIT – quindi affinché vi si entri e vi si permanga, sono necessarie le istituzioni. Esse infatti provvedono ad ampliare la strettoia. Allo stesso tempo, è però poi fondamentale, per la corretta riuscita della democrazia, che vi sia un “sospetto” nei confronti del potere. Non è nulla di nuovo, ci basti pensare alla storia, a fenomeni come l’ostracismo ateniese». Su un piatto della bilancia, dunque, Acemoglu pone uno Stato che trovi la forza e il coraggio di imporsi di fronte allo strapotere tecnologico (uno su tutti il problema di Google e della gestione della privacy), convertendo l'intelligenza artificiale in un supporto, e che parallelamente attivi sistemi di welfare efficaci, per ridurre le disuguaglianze economiche fortemente accelerate dalla pandemia.
Sull’altro piatto mette invece una società che non abbandoni il suo ruolo di “cane da guardia”, di contrappeso al potere pubblico, in nome della democrazia e della libertà: «E per libertà intendo una “mancanza di dominanza”, che si sviluppa necessariamente in presenza di sicurezza e autonomia, lontana dalle disparità – conclude il professore del MIT -. Si tratta di scelte critiche per il futuro: ciò che conta non sono gli impulsi alla base dei fenomeni, ma i contesti in cui essi avvengono; ciò che conta è come gestiamo questi impulsi, sono le scelte che operiamo». La risposta migliore per il futuro del mondo occidentale, in definitiva, per Acemoglu sta nel perfetto equilibrio dei due piatti.