Il percorso espositivo “Laboriosa morte” si snoda in più sale ed è articolato in tre sezioni.
La prima parte è dedicata alla Danza macabra, un tema iconografico diffuso soprattutto nell’Europa centrale tra XIV e XVI secolo ma che rimane vivo fino all'Ottocento. Si tratta di una modalità rappresentativa nella quale la Morte, raffigurata sotto forma di cadaveri scarni e più tardi di scheletri, trascina in una danza grottesca e per certi versi ‹indemoniata› personaggi delle più varie condizioni umane ed estrazioni sociali: dall’imperatore al papa, dal re al cardinale, dal nobile al contadino, dal ricco al povero, dal giovane all’anziano, dal condottiero all’armigero. La sezione si apre con la più celebre rappresentazione grafica della danza della morte attribuita ad Hans Holbein il Giovane (1497-1543), che pubblicò nel 1538 Les simulachres et historiees faces de la mort: quarantacinque disegni, finemente intagliati nel legno, che impietosamente e ossessivamente reiterano il motivo del Memento mori: "ricordati che devi morire”, e chiude con le tavole seicentesche e ottocentesche di Giovanni Battista Manni e Alfred Rethel.
Caricature, guerra e danza macabra è il titolo della seconda sezione, in cui la morte – colta mentre fa roteare abilmente la propria falce nell'aria o si muove sinuosa tra i contendenti – è signora incontrastata della guerra. Le numerose riviste illustrate di satira politica che narrano con stile graffiante, nel proprio stile e dagli opposti schieramenti i protagonisti e le vicende della prima guerra mondiale le riservano ampio spazio. Le pagine di testate come Lustige Blätter, Le Mot, Jugend, La Baïonnette, Le Rire rouge, Die Muskete, Ulk, Simplicissimus, L’Assiette au beurre, L'Asinoospitano le immagini di artisti quali Julius Diez, Lyonel Feininger, T. Theodor Heine, George Grosz, Paul Iribe, Frantisek Kupka, Gabriele Galantara-Ratalanga, Louis Raemaekers, Enrico Sacchetti, Filiberto Scarpelli, solo per citarne alcuni. Tra le altre, trovano ampio spazio in mostra, le tavole del mantovano Giuseppe Scalarini - la maggior parte delle quali realizzate per l'Avanti!. “Realtà, gioco e finzione” è invece un approfondimento che racconta per immagini il rapporto dei bambini con il conflitto.
Ma la fitta trama di motivi legati alla rappresentazione della morte, oltre che sulle caricature delle riviste satiriche, rivive anche nella produzione di importanti artisti d'avanguardia del primo Novecento. La sezione Danze macabre e avanguardie artistiche è animata da firme come Alberto Martini, Frans Masareel, Alfred Kubin e Walter Draesner, che spesso raccontano e disegnano la morte attingendo alle personali esperienze di combattenti.
Il percorso espositivo si conclude con le opere di Otto Dix e Francisco Goya: entrambi nelle loro incisioni, dure e ossessive, colgono gli aspetti più tetri e umanamente devastanti della guerra e della morte.
Al di là delle differenti modalità espressive adottate dai singoli artisti nelle diverse epoche, l'immagine complessiva che ne risulta è quella di una mostra in cui l'instancabile opera di sterminio esercitata dalla guerra risulta pari, se non maggiore, a quella compiuta dalle grandi epidemie del passato come la peste.
“Laboriosa morte” sarà inaugurata nelle sale di Palazzo Eccheli-Baisi a Brentonico sabato 5 agosto alle 18.00. Assieme ai curatori Danilo Curti, Arnaldo Loner e Rodolfo Taiani, saranno presenti Christian Perenzoni, sindaco del Comune di Brentonico, Alessandro Olivi, vicepresidente della Provincia autonoma di Trento, Giuseppe Ferrandi, direttore generale della Fondazione Museo storico del Trentino, Quinto Canali, assessore alla cultura del Comune di Brentonico. L'inaugurazione sarà accompagnata dallo spettacolo musicale/teatrale “Ad mortem festinamus”, con canzoni medievali e gotiche e inni alla morte (dalla più antica Danza macabra conosciuta a Battaglia a 9 piani di Filippo Tommaso Marinetti).
La mostra resterà aperta fino al 30 luglio 2018 e conclude idealmente il più ampio progetto “Corpi disarmati”, curato da Rodolfo Taiani, iniziato nel 2015 con la realizzazione della mostra “Sopravvivere alla guerra” - che aveva gettato uno sguardo alle condizioni psico-fisiche vissute durante la prima guerra mondiale da milioni di combattenti -, proseguito nel 2016 con “La meccanica della normalità”, una mostra che si era occupata di coloro che, al termine della prima guerra mondiale, furono segnati permanentemente dall'esperienza bellica e quindi sospinti ai margini della società e condannati alla solitudine.
In allegato:
- invito
- programma dello spettacolo “Ad mortem festinamus”
- alcune immagini