L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha definito la salute "un bene sociale". E proprio sulla società ricadono, di conseguenza, i costi derivanti da stili di vita poco salutari. La sedentarietà, ad esempio: si è calcolato che in Italia, tra spesa sanitaria collegata alle patologie ad essa associate e perdita di produttività associata a mortalità precoce, abbia un costo complessivo pari a 1,4 miliardi di dollari. La buona notizia è che il Trentino è meno "sedentario" di altri territori: sono "attivi", considerando tali chi fa almeno 30 minuti di attività moderata per almeno 5 giorni in settimana o attività intensa per 20 minuti per almeno 3 giorni o fa un lavoro pesante, il 39 per cento degli individui tra 18 e 69 anni (33% in Italia), "parzialmente attivi" il 44% (35% in Italia) e "sedentari", chi non fa alcuna attività fisica nel tempo libero e non svolge un lavoro pesante, il 17%, circa 60mila persone, (32% in Italia).
Siamo meno sedentari e più "ciclisti": secondo gli ultimi dati disponibili del sistema provinciale PASSI (2014-2015), in Trentino oltre 68.000 persone (19% della popolazione totale) usano la bicicletta negli spostamenti abituali almeno una volta al mese (14% in Italia). Chi si muove in bicicletta lo fa mediamente per 4,2 giorni a settimana per 32 minuti al giorno. "L'uso della bici, anziché dell'automobile - spiega il dottor Crepaz - ha evitato l'emissione nel nostro territorio di 18.100 tonnellate di CO2 in un anno ed una riduzione della mortalità del 13%, per un risparmio complessivo di 19 decessi annui. Se in Trentino si arrivasse a una prevalenza di uso della bici del 30%, per mezz'ora al giorno per 5 giorni alla settimana, si eviterebbero ogni anno ulteriori 15 decessi e 13.400 tonnellate di CO2 emessa".
Ma perchè, sapendo che ci sono dei danni da sedentarietà, non ci muoviamo? "Ci sono due modi per promuovere l'attività fisica: uno è un atteggiamento allarmistico, esponendo i rischi legati alla sedentarietà, come le scritte sui pacchetti delle sigarette, ma la mia impressione è che non risolva il problema; dall'altra parte occorre trovare degli incentivi e delle motivazioni che favoriscano stili di vita positivi nelle persone, da questo punto di vista largo alla fantasia, alle motivazioni individuali ma anche alle istituzioni e alle politiche che possono favorire una cultura dell'attività fisica".
Al convegno si è però parlato anche di cambiamento climatico e del suo legame con il tema della mobilità, "una questione che negli ultimi anni ha assunto una grandissima rilevanza" sostiene Stefano Caserini, esperto di clima, inquinamento atmosferico e trasporti. "Ormai il dibattito è chiuso sul fatto che ci sia un cambiamento climatico in corso. Dal 1880 ad oggi il riscaldamento globale è stato progressivo, gli ultimi dieci anni sono stati i più caldi da quando esistono i dati delle temperature. Andiamo avanti ad usare combustibili fossili come se non ci fosse un problema per il pianeta, mentre potremmo arrivare ad un aumento di 5 gradi o anche più. Uno scenario molto pericoloso. Eventi estremi di precipitazione, ad esempio, sono determinati anche da un aumento di solo un grado, la verità è che non c'è una soglia di sicurezza."
L'accordo di Parigi di due anni fa prevede di limitare l'aumento della temperatura a meno di 2 °C. E' sufficiente? "La scienza del clima - risponde Caserini - ci mostra come il problema si proietti su una scala temporale più lunga, non solo per questo secolo ma addirittura per i prossimi due millenni. Anche se noi smettessimo domani di emettere gas serra, decine di generazioni dopo di noi vedrebbero i segni di ciò che abbiamo fatto. Non possiamo dunque più aspettare, a meno di fidarci che chi verrà dopo di noi troverà un modo per sottrarre la CO2. La dimensione della sfida è ridurre quasi a zero le emissioni globali di gas serra in 3-4 decenni, riducendo a zero la deforestazione. Possibile? Questione di scelte politiche, lo scenario non è infattibile, non ci sono limiti fisici che impediscano di farlo. Siamo in un momento cruciale, non possiamo aspettare altri 5 anni per decidere cosa fare."
Già, ma cosa possiamo fare per affrontare seriamente il problema dei cambiamenti climatici? "Innanzitutto riconoscere l'esistenza del problema, smettere di negare e rinviare; comprendere meglio quello che sta succedendo e che succederà, i motivi diretti e profondi; adattarsi ai cambiamenti climatici riducendo i danni in atto; mitigare tali cambiamenti riducendo le emissioni e potenziando gli assorbimenti delle foreste".
Cosa può fare il Trentino? "Se vuole essere carbon free va individuata una data a partire dalla quale si decide che non ci sono più combustibili fossili. Per quanto riguarda la mobilità, occorre agire sui veicoli, rinunciando alla benzina e al diesel. L'auto elettrica si affermerà all'inizio del prossimo decennio. Altro tema è quello della mobilità sostenibile, provare a creare cittá-territori costruiti a misura della nuova mobilità. Pure gli stili di vita vanno messi in discussione, evitando di lasciarci sedurre dalla pubblicità che ci invita a non porci il problema del limite."