“Siamo chiamati a una responsabilità collettiva, a una presa in carico di comunità – con queste parole l’assessora Sara Ferrari ha aperto ieri i lavori del seminario organizzato dal Dipartimento della Conoscenza, dedicato alle politiche provinciali di contrasto alle fragilità educative. La Provincia sta facendo uno sforzo collettivo e condiviso per non lasciare nessuno indietro, uno sforzo – ha proseguito l’Assessora – che viene concretamente realizzato all’interno di gruppi di lavoro che raccolgono operatori sia del mondo della scuola, che del mondo del sociale e di quello sanitario. Oggi è una giornata molto importante perché stiamo facendo il punto su tutte le attività messe in campo”. Il pomeriggio di approfondimento, dopo i saluti dell’assessora, del rappresentante del Dipartimento della Conoscenza, Roberto Ceccato e del direttore di IPRASE, Luciano Covi è iniziato con l’intervento di Claudio Girelli dell’Università di Verona che ha presentato gli esiti di una ricerca dal titolo “Leggere le fragilità educative". La ricerca, che ha coinvolto l’intero sistema scolastico trentino, ha indagato la realtà degli studenti che le scuole ritengono in grave difficoltà e che senza un impegno particolare degli insegnanti ‘da soli non ce la fanno’. Si parla complessivamente di 2810 studenti in condizione di fragilità, una percentuale del 4,0% rispetto all’intera popolazione scolastica (70.762). Le caratteristiche che sono state individuate come maggiormente problematiche sono relative a fragilità psico-emotive, comunicativo-relazionali, difficoltà di adattamento alle richieste della vita scolastica, comportamenti di tipo resistente – passivo e atteggiamenti oppositivo – ostili.
Dalla lettura effettuata dalle scuole, questi studenti esprimono bisogno di un supporto psico-emotivo e di contesti relazionali in grado di includerli con flessibilità ed efficacia nei percorsi di apprendimento, in una prospettiva formativa e non puramente scolastica. “La necessità di un’alleanza tra gli adulti che interagiscono con questi ragazzi – ha spiegato Girelli - è l’elemento emerso con maggior insistenza dagli incontri e deve portare, nel rispetto dei ruoli e delle specificità, a intrecciare i punti di vista e coordinare le azioni in una progettualità educativa comune”. Concorde negli intenti è intervenuto poi Alessandro Rosina, del Dipartimento di Scienze statistiche dell’Università Cattolica di Milano, che ha affermato: “dobbiamo fare i conti con un mondo che cambia e con le specificità delle nuove generazioni intercettandone le nuove esigenze e le nuove istanze. Le statistiche dimostrano che i Paesi che investono adeguatamente sui giovani, hanno figli che diventano protagonisti attivi che trainano il Paese nel futuro. Dunque educare al futuro significa aiutare i giovani a riconoscere il valore che hanno, inserendoli in percorsi virtuosi e motivandoli”. Matteo Lancini, psicologo, psicoterapeuta, docente presso l’Università Milano Bicocca ha proseguito con il suo intervento affermando: “le generazioni cambiano perché cambiano i modelli educativi famigliari. La virtualizzazione degli spazi è avvenuta anche all’interno di alcuni modelli educativi, è necessario dunque interessarsi anche alla vita virtuale dei nostri giovani. I ragazzi di oggi sono cresciuti in un sistema di aspettative elevate, c’è pertanto una fragilità narcisistica e il tema centrale dell’adolescenza e della preadolescenza oggi è la delusione. Noi dobbiamo pertanto aiutare i nostri figli a sviluppare una prospettiva futura per la realizzazione del sé”. Dopo una prima parte partecipata di dibattito il pomeriggio è proseguito con una tavola rotonda alla quale hanno partecipato Anna Berloffa, dell’Ufficio Età evolutiva, genitorialità e centro per l’infanzia della Provincia di Trento, Fabio Biasi, Procuratore Capo del Tibunale di Trento, Elena Bravi, dell’U.O. di psicologia clinica, Costanza Fedrigotti, dei Servizi sociali Alto Garda e Ledro, Paola Pasqualin, dirigente scolastica e Luca Sommadossi, della Cooperativa Sociale Progetto 92. Gli interventi erano tesi a condividere le azioni che ciascun attore mette in campo. Negli interventi, gli esperti hanno presentato le proprie esperienze e hanno sottolineato l’importanza di intervenire con tempestività in tutte le situazioni che mostrano fragilità, per evitare che determinate criticità si cronicizzino. Hanno poi ribadito il bisogno di favorire momenti di formazione congiunta per unificare il linguaggio e la necessità di intervenire con l’aiuto di équipe multidisciplinari, che con specifiche competenze interagiscono su progetti unitari. A tale proposito Roberto Ceccato, Dirigente del Servizio Infanzia e Istruzione del Primo Grado, ha ricordato la recente approvazione da parte della Giunta provinciale del provvedimento che ha istituito il Gruppo di lavoro interistituzionale (GLIP), al quale si aggiungono due ulteriori gruppi di approfondimento dedicati ai DSA (disturbi specifici dell’apprendimento), alle fragilità educative e alla dispersione scolastica.