"Margin Call", che ha debuttato al Sundance Film Festival 2011, conquistando anche una nomination all'Orso d'oro alla 61/a Berlinale, riesce nell'intento di farci rivivere sul grande schermo cosa può essere successo nella vita e nella mente dei broker di Wall street, quando prima di tutti gli altri hanno capito ‘l'inizio della fine', ovvero l'esordio della Grande Crisi. Il film racconta la storia di Eric Dale, manager di una grossa banca di credito ed investimento finanziario, che viene licenziato in tronco. Prima di andarsene consegna una chiavetta di computer a un giovane collega, Peter Sullivan, dicendogli di fare attenzione alle informazioni memorizzate. Peter scoprirà dai dati contenuti nei file di Eric che la banca, appoggiandosi su azioni virtuali, ovvero sull'acquisto di mutui, poi rivenduti a tasso fisso, ha le ore contate. I vertici della banca si mettono in allarme e convocano nella notte una riunione di emergenza. Bisogna decidere in tempi rapidissimi il da farsi o il crollo dell'Istituto di investimento sarà verticale. Le scelte da compiere non possono trascurare i principi etici, ma la propensione è quella di vendere subito tutti i titoli, che però sono tossici e metteranno sul lastrico moltissime persone 'normali'. Nel cast attori straordinari: Stanley Tucci, Kevin Spacey, Jeremy Irons, e Demi Moore. Una frase su tutte, pronunciata da uno dei manager della banca, rende in modo efficace il cinismo che invece è stato reale : "La gente vuole tenersi le case di lusso e le macchine che non può permettersi, e noi gli facciamo credere che è possibile". -
LA CRISI RACCONTATA SUL GRANDE SCHERMO
"Margin Call, chiamata d'emergenza", film d'esordio del regista e scrittore americano Jeffrey C. Chandor, è la pellicola selezionata per il secondo appuntamento di "Cineconomia". Per Marco Onado si tratta del film che più di altri ha saputo raccontare sul grande schermo la crisi finanziaria e la classe dirigente che l'ha provocata. La pellicola fa vedere la parte incomprensibile della finanza e dei rischi accumulati dalle banche americane con la compravendita di titolo tossici nel corso degli anni senza scrupoli. "Un film freddo e impenetrabile - lo ha definito Onado - anche se la vicenda è lineare". Siamo a New York nel cuore di Wall street nel 2008. Le banche di investimento nel corso di vent'anni si sono specializzate nella compravendita di titoli e e di azioni, fino a generare un volume d'affari, che raggiunge i 600 trilioni di dollari. Il cuore della narrazione verte non tanto sulla vendita spregiudicata e cinica dei titoli tossici a un passo dalla bancarotta della Holding, ma sul conflitto di coscienza, umano e etico, di alcuni dei suoi manager.-