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Tra il '95 e il 2015 il costo del lavoro italiano è salito del 46% mentre solo del 5% nell'Eurozona. Abbiamo quindi in italia una ventennale perdita di competitività. Dunque, o riduciamo i salari o aumentiamo la produttività. Nel primo caso, ci confrontiamo con alcune serie controindicazioni (anche se la riduzione è determinata da un calo dei contributi, deve essere però finanziata da spesa pubblica). Rimane quindi la strada della produttività, che spesso viene associata all'innovazione, specie quella digitale, una sorta di "moderna cornucopia". In parte ciò è vero, in particolare nel mondo delle Ict. Anche fuori dall'ambito hi tech, come nel commercio al dettaglio, la digitalizzazione può generare guadagni di produttività. Tuttavia, ha spiegato Daveri, l'innovazione è davvero un pranzo di gala? In realtà il suo effetto sul pil non è così lineare, perché l'innovazione, e quindi la crescita della produttività di alcuni, corrisponde ad una perdita di produttività di altri. Questa è la lezione dell'esperienza di Walmart negli Usa. L'innovazione, insomma, genera vincitori e perdenti. Ed ancora: non c'è un rapporto certo fra la spesa in ricerca&sviluppo (in Italia, 1,3% sul pil), l'innovazione, e l'indice di produttività (in Italia invariato da molti anni nonostante una moderata crescita della spesa in innovazione).
De Felice nelle sue controdeduzioni ha sottolineato come, comunque, in un sistema aperto, se l'innovazione non la fa qualcuno la fa qualcun altro. L'innovazione, insomma, genera competizione. Nel caso Alitalia-Freccia rossa, il successo del treno ad alta velocità ha spinto la compagnia aerea a migliorare a sua volta il servizio. Ma l'Italia è adeguata al confronto internazionale? Non troppo. C'è un problema di competenze. Le imprese italiane assumono ad esempio pochi esperti informatici (17% contro una media europea del 30%). Siamo anche sotto la media europea per investimento in Ict.
L'evidenza empirica mostra dunque ciò che peraltro già si sa, ovvero che l'innovazione fa bene alle imprese. In generale, le imprese con brevetti hanno circa 7 punti percentuali in più rispetto a quelle senza brevetti, esportano di più, hanno più certificazioni, sono più propense ad assumere. Boccia, intervenendo in teleconferenza, ha ripreso il concetto di "distruzione innovatrice del capitalismo", caro a Schumpeter, per sottolineare come l'innovazione sia indispensabile all'impresa ma non possa essere circoscritta alla sola ricerca&sviluppo. Anche il sistema delle relazioni industriali deve entrare nel "computo", e così il governo dell'impresa.
Vinci ha portato l'esperienza della sua impresa, partita nel campo dell'automotive, con basi in Puglia e in Cina. Un'esperienza basata sull'innovazione fin dalle origini, che ha consentito poi di traghettare conoscenze e competenze anche in altri ambiti, come quello del biomedicale. Innovazione come sinonimo di flessibilità, quindi, e di capacità di occupare rapidamente nuove nicchie di mercato, quando le si individuano.
Collini ha esaminato l'altro aspetto fondamentale dell'innovazione, ovvero la risorsa umana. Nella competizione territoriale, dimensione in cui siamo immersi tutti, l'università gioca un ruolo molto importante. Non solo perché garantisce alta formazione, ma perché costituisce un fattore di attrazione e di mobilità. Di talenti e di cervelli. Per Collini è necessaria anche una certa vicinanza fra mondo della formazione e mondo dell'impresa. I distretti industriali sono stati in Italia luoghi di scambio diretto, fra persona a persona. Anche oggi, i territori devono immaginare come incentivare questo tipo di connessioni, "fisiche", se vogliono che la ricerca produca effetti certi e desiderabili,e in tempi rapidi.