Domenica, 04 Giugno 2017 - 11:58 Comunicato 1502

L’inganno generazionale: tra allarmi veri e falsi

Nella biblioteca comunale di Trento, il Festival dell'economia ha ospitato la presentazione del libro “L’inganno generazionale” con le autrici Alessandra Del Boca, docente di politica economica e Antonietta Mundo, attualmente consigliere di amministrazione di Unipol Gruppo. In un acceso e vivace confronto con il demografo Alessandro Rosina e la giornalista Tonia Mastrobuoni, hanno parlato di voucher, istruzione, mercato del lavoro, orientamento, presente e futuro delle nuove generazioni nel nostro paese. Molte conferme e qualche sorpresa. “Abbiamo scritto questo libro per fare chiarezza a noi stesse per prime sulle ipotesi che ci apparivano ingannevoli” - dichiarano le autrici - “Con una paziente analisi di numeri, dei metodi e dei fatti, abbiamo svelato alcuni inganni”.

Che si tratti di NEET, tasso di disoccupazione, carenza di qualifiche, i giovani sono spesso al centro dei dibattiti su mercato del lavoro, previdenza, welfare state. I toni sono di frequente allarmistici, il futuro sembra ormai segnato in maniera ineluttabile e le soluzioni poche e confuse. Ma come stanno realmente le cose, al di là di impressioni e opinioni? Se ne è parlato in un confronto acceso tra Alessandra Del Boca, Antonietta Mundo (autrici del recente volume "L'inganno generazionale"), il demografo Alessandro Rosina e la giornalista Tonia Mastrobuoni. 
Innanzitutto sfatiamo il mito della disoccupazione giovanile alle stelle: se è vero che 25-34enni sono una fascia fortemente penalizzata dal mercato del lavoro e con ciò compromessa nei propri progetti di vita, tra i 15 e 24 anni la situazione è meno grave di quel che sembra. Questo è dovuto a calcoli basati sulla sovrapposizione non residua tra studenti e lavoratori che nel nostro paese (a differenza di altri), è possibile. Sarebbe utile considerare altri indicatori, come l'incidenza della disoccupazione sulla popolazione e allora tra i 15 e i 24 anni non avremmo il 40% di disoccupati, bensì un dato attorno al 10%. Sempre alto, ma diverso, soprattutto meno allarmante del 17,7% dei più grandi che vedono limitata la propria progettualità futura. Questa una delle principali tesi sostenute dalle economiste su cui Rosina non è del tutto d'accordo: i dati sono e restano preoccupanti soprattutto perché è tra i 15 e i 24 anni che si creano le premesse per i passaggi futuri e i dati sui NEET ne sono una drammatica conferma. 
E allora si passa a riconoscere un difetto del nostro sistema di istruzione: "Servirebbe un piano Marshall della formazione" - sostiene Del Boca - "perché troppo spesso i nostri giovani hanno qualifiche anche elevate ma che non sono richieste dal mercato del lavoro". Studiare serve e come, ma dipende cosa: mediamente, i laureati oltre a inserirsi prima nel mercato del lavoro, guadagnano il 57% in più dei diplomati; ma un laureato in ingegneria guadagna il 56% in più di un laureato in scienze della formazione. Quindi c'è bisogno di un orientamento efficace che porti a scelte consapevoli. Le lauree più richieste dal mercato oggi e nel futuro saranno le STEM: Science, Technology, Enineering, Mathematics. In Europa l’Italia è ultima con il 33% di laureati nelle discipline ICT contro il 60% della media europea.
La recente storia tedesca ci offre un interessante esempio e confronto. Rosina ricorda che nel nostro paese non assistiamo solo all'invecchiamento della popolazione ma anche al degiovanimento: abbiamo pochi giovani e su di loro investiamo poco. La Germania ha fatto l'esatto contrario: ha compensato la riduzione quantitativa dei giovani formandoli bene, costruendo efficaci politiche attive, sostenendo la ricerca e cercando sviluppo nella creazione e nella valorizzazione di capitale umano. L'Italia non ha fatto nulla di tutto questo, perdendo risorse preziosissime che, non a caso, spesso fuggono all'estero e proprio verso la Germania. Da noi il degiovanimento è diventato impoverimento. 
E si è arrivati anche a mercato del lavoro e voucher. Anche qui, le autrici non concordano con la demonizzazione che se ne è fatta. Molti esperti sostengono che fossero perfettibili, ma utili. Soprattutto per far emergere secondi "lavoretti" prima in nero (e che in nero torneranno). Solo un'esigua parte costituiva abuso e andava individuata e punita, ma c'erano già delle idee su come farlo visto che nel 2017 INPS e altre fonti dati ufficiali hanno tutti gli strumenti per verificare usi e abusi di questa fattispecie contrattuale. Anche perché, ricordiamolo, nel complesso parliamo dello 0,2% degli occupati. 
Si salva anche la riforma Fornero che, alla conta dei fatti, rimane una delle riforme migliori, forse la più incisiva dopo la riforma Dini, che ha salvato le generazioni future. E' diventata un capro espiatorio ma andrebbe analizzata con meno pregiudizi, sostiene Mastrobuoni. 
In una traiettoria che sembra ripercorrere le fasi della vita, dopo istruzione e lavoro, si parla anche di previdenza. Si stanno affacciando delle generazioni che contano circa 500mila nati l'anno che dovranno sostenere il sistema socio-previdenziale di altre che ne contano circa 1milione e che vivranno sempre più a lungo, ricorda Mundo. Oggi a 100 occupati corrispondono 71 pensionati. Servono riforme di sistema, non frammentarie e occasionali, in cui mercato del lavoro e previdenza non siano argomenti disgiunti e tengano conto della struttura demografica del nostro Paese. Come prevedere un mix di finanziamento a ripartizione e a capitalizzazione per creare una "ripartizione del rischio".
Ma anziani e giovani non sono competitors di un gioco a somma zero: non c’è trade off tra lavoratori anziani e giovani (come non c’è tra autoctoni e migranti né tra uomini e donne) perché sono complementari e non sostituti in un mercato che è dinamico. Non è togliendo lavoro ai primi che se ne creerà per i secondi. La partita del benessere è vinta quando il sistema produttivo funziona e crea posto per tutti. Il nostro paese ha seguito per troppo tempo un modello di sviluppo improvvisato e non ha saputo sfruttare l’onda della rivoluzione ICT su cui si gioca il futuro del sistema economico: ma possiamo ancora recuperare. La strada sembra ancora lunga e non del tutto piana. Ma le possibilità per continuare a crescere e creare benessere ci sono: sfruttiamole, a partire dai nostri giovani competenti, il bene più prezioso che abbiamo. 

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