Gli scorsi mesi hanno visto la campagna elettorale concentrarsi sui temi europei. Il risultato è stato una forte partecipazione alle urne, seguita da un’estrema volatilità del voto: i due partiti tradizionali (popolari e socialisti) sono arretrati, mentre sono emerse nuove forze nazionaliste e sono tornati partiti come liberali e verdi.
Enrico Letta - che ha aperto il proprio intervento ricordando Antonio Megalizzi - ha sottolineato le direzioni opposte del voto tra Europa ed Italia: “L’Europa ha legittimato il parlamento europeo con una forte partecipazione mentre nel nostro Paese è avanzato il fronte antieuropeista. L’affermazione di Matteo Salvini è il vero dato politico di questa tornata”.
Secondo Letta, la coalizione popolare-socialista dovrà allargare la maggioranza a liberali e, soprattutto, ai verdi: “Escludere questi ultimi, ad esempio, sarebbe un errore gravissimo”.
L’avanzata nazionalista e sovranista è soprattutto italiana, perché in altri paesi (Olanda, Germania e Spagna) si è fermata. Ancora Letta: “Salvini è riconosciuto come il vincitore in Europa. I suoi stessi alleati (Le Pen e i nazionalisti di Polonia e Ungheria) gli riconoscono la leadership solo sul tema degli immigranti ma non quando si parla di bilancio europeo e conti pubblici”.
Determinanti, sempre secondo Letta, saranno le prossime settimane quando si dovrà formare la nuova maggioranza e decidere le nomine europee: “I leader europei devono decidere subito, senza litigare, sulle persone giuste e non sulle persone che possono creare meno problemi. Sono sconcertato dal dibattito interno perché l’Italia è un grande Paese europeo che ha sempre deciso in l’Europa. Mi preoccupa l’idea che l’italia si autoreleghi nel girone di Malta e Cipro per discutere di quale portafoglio prenda il commissario italiano. L’Italia deve essere al tavolo che decide il prossimo commissario o il prossimo governatore della banca europea. Questo è il suo ruolo”.
Il timore di Letta è che il nostro Paese ripeta gli errori del passato quanto le elezioni europee sono state un referendum sul leader (“Lo furono per Berlusconi, Renzi ed oggi per Salvini”) e che si ritorni alla pratica politica - tutta nostrana - di azzerare quanto fatto dai predecessori: “Oggi non abbiamo l’Europa dell’austerità, come in passato. L’Italia ha ottenuto il via libera da Bruxelles per la vendita di 18 miliardi di patrimonio pubblico. Non era mai successo prima. Il nostro Paese deve investire su politiche di continuità se non vuole rimanere escluso”.
Sul dato italiano si è trovato d’accordo anche il politologo Ilvo Diamanti: “Le Pen in Francia ha preso il 23 per cento, meno di cinque anni fa. Il vero fenomeno politico, che ha sfondato in Europa, è quello italiano”. La lettura del voto di Diamanti si è concentrata sul fronte nazionalista o, meglio per dirla con le parole del relatore, “euro tattici”, che nonostante i proclami appare ripiegato su questioni interne: “Tra i sette Paesi forti europei, Italia e Francia sono uniti da un certo grado di sfiducia verso l’Europa, mentre Paesi come Polonia e Ungheria sono tra i più convinti europeisti. Le ragioni sono evidenti: non vogliono uscire da un sistema che garantisce loro contributivi e l’indipendenza da Putin”.
“Oggi - ha concluso Diamanti - siamo europei nonostante la paura e l’insicurezza che ci pervade ma nessuno uscirebbe dell’Unione. Questa contraddizione non può durare perché l’Europa non può andare avanti con tatticismi nazionali senza uno slancio comune basato su valori politici e culturali”.
L’Europa bloccata preoccupa anche Innocenzo Cipoletta: “I sovranisti non hanno sfondato ma il sovranismo sta avanzando e le elezioni lasciano i Paesi diversi rispetto al passato e più sospettosi. In questa situazione difficilmente si faranno passi in avanti per un’Europa più integrata”.
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