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“E’ soprattutto una questione culturale – ha spiegato l’assessore Gilmozzi – che nessuna legge può imporre. La Provincia è impegnata da anni su questi temi con una strategia caratterizzata da strumenti normativi e organizzativi, che vanno nella direzione di perseguire misure adeguate di mitigazione e adattamento, sul piano energetico, dei rifiuti e dei trasporti ed ha raggiunto già risultati importanti. Dal 2005 al 2014 - ha detto Gilmozzi - abbiamo ridotto le emissioni di CO2 del 22% e già dal 2012, il 40,3% dei consumi lordi di energia è coperto da fonti rinnovabili, contro un dato italiano che si attesta sul 14,3%”.”Quanto deciso a Parigi – ha aggiunto Gilmozzi – ci stimola ad un impegno maggiore, a 360° sulla varie linee che abbiamo perseguito negli ultimi anni”.
“La Provincia – ha chiarito l’assessora Ferrari - è consapevole di essere dentro una dinamica che non è solo locale, ma internazionale. Per questo mettiamo in campo una serie di azioni, rivolte soprattutto ai giovani, di educazione alla cittadinanza globale, fra cui vi è il tema della sostenibilità ambientale. Tutti i progetti che finanziamo nell'ambito della cooperazione internazionale allo sviluppo - ha precisato Sara Ferrari - tengono in considerazione anche gli aspetti legati alla sostenibilità ambientale". Oltre alle azioni fatte in casa, verso i cittadini trentini – ha detto l’assessora – siamo impegnati ad aiutare molti Paesi del mondo con interventi che contribuiscano a limitare le emissioni. Ad esempio – ha ricordato – sosteniamo alcuni progetti contro la deforestazione. Si tratta di iniziative che non sono solo eticamente corrette, ma anche utili per tutti. Anche così contribuiamo alla lotta contro i cambiamenti climatici”.
L’Accordo globale sul Clima
“Un accordo storico che rappresenta il miglior equilibrio possibile in questo momento”: con queste parole il ministro francese Laurent Fabius, che ha presieduto la COP21, ha annunciato l’approvazione del tanto atteso accordo globale sul clima, il Paris Agreement.
Nell’Accordo di 31 pagine è racchiuso infatti un delicato equilibrio tra gli interessi e le proposte delle varie nazioni e le parole stesse di Fabius evidenziano come si tratti di un testo di inevitabile compromesso e che ridimensionano le aspettative della vigilia come la società civile presente a Parigi ha avuto ampiamente il modo di sottolineare.
Se firmato e ratificato dai 195 Paesi presenti alla Conferenza, tra aprile del 2016 e aprile del 2017, il documento rappresenta comunque una tappa storica. L’Accordo entrerà in vigore dal 2020 se sarà ratificato da almeno 55 Parti che devono rappresentare almeno il 55% del totale delle emissioni dei gas serra a livello globale.
Tra gli obiettivi principali l’Accordo propone di limitare l’aumento della temperatura “bene al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli pre-industriali” e di fare “sforzi per limitare l’aumento a 1,5 C°” riconoscendo quindi che ciò ridurrebbe significativamente i rischi e gli impatti previsti.
Si tratta di un compromesso rispetto alla richiesta dei Paesi più vulnerabili e dei rappresentanti della società civile di inserire subito il limite di 1,5°C ma va riconosciuto che il limite più restrittivo viene comunque incluso nell’Accordo seppur solo come obiettivo verso cui indirizzare gli sforzi.
Il punto chiave tuttavia è come si intende contenere il riscaldamento globale e quindi come si intende agire sulle politiche di mitigazione. Nell’Accordo si dice che “al fine di raggiungere l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura entro il limite stabilito, le Parti mirano a raggiungere un picco globale delle emissioni di gas serra nel più breve tempo possibile, riconoscendo tuttavia che ci vorrà più tempo per i Paesi in via di sviluppo, per poi intraprendere un percorso rapido di riduzione in modo da raggiungere un equilibrio tra le emissioni di origine antropica e la capacità di assorbimento nella seconda metà di questo secolo”.
Non ci sono quindi precisi riferimenti né rispetto alle percentuali di riduzione né rispetto ai tempi entro cui devono essere realizzati gli impegni se non rimandando ad un generico obiettivo a “metà secolo” entro cui arrivare di fatto ad una stabilizzazione.
Il punto di partenza degli impegni di mitigazione sono i contributi nazionali, Intended Nationally Determined Contributions (INDCs), già presentati dalle Parti e che sono elemento fondante dell’accordo anche per il futuro. Tuttavia questi contributi nazionali fino ad oggi dichiarati consentirebbero, secondo stime già disponibili, un aumento delle temperature di circa 2,7-3,5 °C entro il 2100 rispetto all’era pre-industriale. Sono quindi palesemente insufficienti ma l’Accordo su questo non si esprime se non richiamando l’impegno e la responsabilità volontaria delle Parti di presentare proposte di contributo nazionale più ambiziose e da revisionare ogni cinque anni.
Molti sono i punti ancora da approfondire e chiarire, specie per quanto riguarda delicate questioni come i finanziamenti e il trasferimento delle tecnologie dai Pesi sviluppati a quelli in via di sviluppo, e senza dubbio molta è la strada da fare perché gli obiettivi dichiarati possano essere concretamente perseguiti ma è chiara la consapevolezza che già da oggi inizia una nuova tappa per transizione ad una nuova fase per l’umanità verso l’indipendenza dai combustibili fossili.
Il significato della Cooperazione
Nel lungo preambolo sono raccolte importanti considerazioni di principio, come la priorità di garantire la sicurezza alimentare e la lotta alla fame, il rispetto ai diritti umani, il diritto alla salute, i diritti dei popoli indigeni, delle comunità locali, dei migranti, dei bambini, delle persone con disabilità così come l’eguaglianza di genere, l’empowerment delle donne e l’equità intergenerazionale. Principi che dovranno essere sempre richiamati e rispettati nelle azioni che dovranno essere avviate in futuro e che richiedono una sempre più attenta e ampia cooperazione fra i diversi paesi a tutti i livelli, globale e locale.
Il ruolo delle regioni e delle città
Un elemento importante emerso dalla COP21 di Parigi è la consapevolezza che raggiungere gli obiettivi globali di contenimento del riscaldamento e di riduzione dei gas serra sarà possibile solo se le azioni a livello locale e regionale saranno più efficaci e rapide nella riduzione delle emissioni di gas serra.
E’ proprio a livello locale che si può infatti agire sulle politiche dei trasporti, sull’edilizia pubblica e privata, sulle pratiche di gestione del territorio e dei rifiuti, sulle strategie fiscali e di investimento. Tutte azioni che possono concorrere alla riduzione delle emissioni di gas serra ma anche all’adozione di adeguate politiche di adattamento a protezione dei propri cittadini.
Per questo stanno moltiplicandosi a livello internazionale reti e partnership tra regioni e città al fine di condividere esperienze e buone pratiche che concorrano alla mitigazione e al fine di collaborare in azioni che promuovono l’adattamento.
A livello nazionale la Provincia di Trento ha aderito al Tavolo Interregionale di Coordinamento sulla Strategia di Adattamento ai Cambiamenti climatici e sta compiendo passi per aderire ad accordi che vadano nella direzione di rendere concreta l’opportunità di partnership tra i governi sub nazionali non solo italiani ma anche a livello transfrontaliero, europeo e internazionale.
La delegazione trentina alla COP21
Paulo Lima, Cristina Dalla Torre, Milena Rettondini, Giulia Motta Zanin, Ariele Pitruzzella, Daniele Saguto, Elisa Calliari, Sara Cattani.
Progetto Agenzia di Stampa Giovanile promosso dall’Associazione In Medias Res e l'Associazione Viração con sostegno dell’Assessorato provinciale alla Cooperazione allo sviluppo.
Roberto Barbiero Osservatorio Trentino sul Clima con sostegno dell’assessorato a Infrastrutture e Ambiente
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