Giovedì, 30 Maggio 2019 - 21:07 Comunicato 1200

Immigrazione in Europa e il suo stato sociale: miti e realtà

Considerando l'immigrato "una persona residente legalmente in un Paese ma nata altrove", l'indagine campionaria eseguita da Alberto Alesina e il suo team in 6 Paesi - USA, Regno Unito, Svezia, Francia, Germania e Italia - dà conto di una percezione distante dalla realtà. In tutti i Paesi il dato comune è la sovrastima. In Italia (dove gli immigrati sono il 10% della popolazione), si arriva a stimare il triplo degli effettivi: il 30%. La sovrastima (di molto) è anche riferita, sia in Italia sia negli altri Paesi, al numero di immigrati che provengono da Paesi musulmani. Contestualmente si sottostimano il livello di istruzione e di reddito degli immigrati e si pensa che siano un peso per lo stato sociale molto più grande di quello che in realtà è. "Straordinarie le enormi percezioni errate"

Introdotto da Paola Pica, giornalista del "Corriere della Sera", Alberto Alesina, professore di economia politica tornato al Festival dopo qualche anno, ha illustrato - nel significativo appuntamento "Immigrazione in Europa e il suo stato sociale: miti e realtà" - come si è svolta l'indagine campionaria e il tipo di domande (generali e specifiche) che sono state poste ai partecipanti. L'indagine non solo ha raccolto i dati in merito alla percezione del fenomeno degli immigrati ma ha anche correlato la percezione uscita con la visione dello stato sociale. In questo contesto ad una metà dei partecipanti sono state poste prima le domande sull'immigrazione e poi sulla redistribuzione. All'altra metà, invece, le domande sulla redistribuzione sono state poste prima di quelle sull'immigrazione. "Ebbene ciò che è uscito in maniera netta - ha detto Alberto Alesina - è che coloro che vedono prima le domande sull'immigrazione sono meno favorevoli alla redistribuzione, meno favorevoli allo stato sociale. Nella metodologia dell'indagine facciamo vedere un video con informazioni esatte, un altro che illustra da dove arrivano gli immigrati e il terzo con una storia vera presa dal New York Times dove si racconta di un immigrato che lavora sodo tutto il giorno ed è un esempio di grande impegno: che cosa esce da questo metodo? Che la gente che vede i primi due filmati reagisce aggiustando le proprie percezioni, ma non completamente, solo un po'. Coloro che vedono l'immigrato che lavora sodo, cambiano la propria opinione. Certamente coloro che vedono i filmati reagiscono in modo diverso da quelli che non lo hanno visto ma, il fatto di farti pensare in modo positivo all'immigrazione, non significa che i partecipanti diventino più favorevole allo stato sociale con l'eccezione di coloro che vedono il terzo video (immigrato che lavora sodo). Ciò significa (anche) che la gente reagisce di più alle storie emotive rispetto ai numeri".

Al campione rappresentativo (all'interno dell'indagine) a cui sono state fornite le informazioni corrette rispetto all'immigrazione, "non reagiscono e restano convinti delle loro idee distorte. Uno straordinario livello di informazioni sbagliate rispetto alla dimensione e alla natura del problema immigrazioni, molto diffuse fra tutti i livelli di popolazione. C'è correlazione fra l'essere sfavorevoli alla redistribuzione fra chi pensa agli immigrati come più avvantaggiati rispetto ai nativi". Il professore della Harvard University aggiunge "la mia impressione è che l'immigrazione sia percepita come un problema serio, molto complesso che andrebbe affrontato con informazioni corrette e questo farebbe scaturire percezioni giuste, ma siamo molto lontani da questo. Bisognerebbe gestirlo in modo appropriato ma spesso viene affrontato con la pancia e non con il cervello e i partiti anti-immigrazione e i giornali buttano spesso benzina sul fuoco". Alberto Alesina ha parlato di "Paesi europei che stanno diventando molto diversi causa immigrazione, Paesi omogenei non abituati a questi flussi".

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