Il paese di Vervò è noto agli archeologi soprattutto per il ritrovamento di 17 iscrizioni di epoca romana, di cui 16 sacre e 1 funeraria, avvenuto tra XVIII e XIX secolo. Gli scavi condotti nel 1890-91 da Luigi de Campi, nonché i rinvenimenti effettuati da Francesco Gottardi negli anni ‘30 e ‘40 del Novecento, documentarono tracce di presenza umana sul dosso di San Martino dalla preistoria all’epoca altomedievale. Le indagini avviate dalla Soprintendenza grazie ad uno stanziamento economico triennale assegnato nell’ambito del Patto territoriale della Predaia, hanno confermato la notevole importanza del sito, mettendo in luce resti murari riconducibili a distinte fasi cronologiche di frequentazione, dalla protostoria al Basso medioevo. Allo stato attuale le testimonianze più significative sono inquadrabili nell’ambito della cultura retica o di Fritzens-Sanzeno della seconda età del Ferro (V sec. a.C.) e in epoca altomedievale. In particolare è stato individuato un nucleo funerario altomedievale (VI-VII sec. d.C.), di cui ancora rimangono nove sepolture ad inumazione, alcune delle quali accompagnate da pregevoli oggetti d’ornamento facenti parte dei corredi personali. Tali oggetti, sottoposti a restauro, si trovano esposti presso il Museo Retico di Sanzeno. Di grande interesse anche un ampio edificio seminterrato risalente all'epoca tardo romana (probabile III-IV sec. d.C.) e rifrequentato, dopo l'abbandono, in epoca successiva (tardo-antica/altomedievale) con una riduzione degli ambienti interni e l'impostazione di focolari con presenza di frutti carbonizzati, che suggeriscono la pratica di particolari attività produttive.
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