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“Vivo da dieci anni in Trentino – ha esordito Salomone, che insegna anche Diritto del Lavoro all’Università di Trento - . Ho ricevuto molto dal territorio e sono contento di poter restituire a mia volta qualcosa. Sono un giurista, ho lavorato alcuni anni anche con Marco Biagi, cosa di cui vado orgoglioso, e quindi sono abituato a pensare in termini concreti. Certo, l’occupazione la fanno le imprese, non l’ente pubblico. Ma a noi spetta il compito, fondamentale, di varare le regole, di presidiarle e di applicarle”.
Al primo punto, dunque, lo scenario nazionale. Un elemento da considerare, per Salomone, è il delinearsi di una tendenza all’accentramento, alla logica uniformante. Il Trentino dell’Autonomia deve preoccuparsi? “No – è la risposta del presidente di Agenzia del Lavoro - . Non solo perché l’Agenzia nazionale, che sta nascendo, non è comunque paragonabile all’Agenzia del Lavoro trentina, ma anche perché ciò che fa la differenza sono le risorse e soprattutto la volontà di applicare le regole che ci si è dati. E su questo terreno il Trentino continua a fare scuola”. Quali sono, in ogni modo, i passi che il Trentino può compiere per rivendicare la sua specificità, a prescindere da quanto previsto dallo Statuto e dagli accordi siglati in sede nazionale? In primo luogo non perdere un'occasione per sottolineare il valore aggiunto rappresentato storicamente dall’Agenzia, una realtà che fin dalla sua nascita, nei primi anni ‘80, non ha eguali in Italia: “Il nostro modello presuppone il forte coinvolgimento delle parti sociali. Ma deve essere continuamente rinnovato. Tutti gli attori territoriali devono considerare l’importanza di essere coinvolti nel processo di assunzione delle decisioni. In secondo luogo il nostro è un modello flessibile, il che ci consente di adattarlo alla realtà e di approntare le risposte di volta in volta più puntuali ed efficaci”.
Al secondo punto, il Piano del Lavoro, approvato a novembre, “un buon piano, articolato, solido, già in fase di attuazione nella sua dimensione concreta”. L’obiettivo di fondo è quello di adattare la domanda all’offerta, perseguendo una visione d'insieme, non solo delle politiche in favore dell'occupazione ma dell’intero sistema di welfare attivo, basata sulla capacità delle persone, in particolare i giovani disoccupati, ma anche più in generale coloro che il lavoro lo hanno perso, di trovarlo, o ritrovarlo, e mantenerlo. Un esempio è il caso Whirlpool: qui oltretutto il Trentino si è distinto per la sua capacità di utilizzare i fondi europei. “Un esempio – ha precisato Salomone – di come pubblico e privato possano operare bene assieme, come è fondamentale che accada”.
Infine le sfide future, che poggiamo però su basi importanti già poste, che si chiamano reddito di attivazione (il presidente dell’Inps Tito Boeri ha firmato la convenzione finale proprio ieri) e fondo di solidarietà territoriale, un’innovazione assoluta a livello nazionale, che prefigura un sistema di tutele dei lavoratori in difficoltà a 360 gradi. Fra gli obiettivi futuri una sempre maggiore attenzione alla condizionalità (aiuti sì ma chiedendo in cambio ai beneficiari di attivarsi per superare lo stato di bisogno, evitando il rischio dell’assistenzialismo), e ancora maggiore enfasi a formazione e servizi al lavoro, con un uso capillare di voucher e fondi interprofessionali, ovvero di strumenti vicini ai bisogni rispettivamente dei lavoratori e delle imprese. E poi la sfida della valutazione dell’efficacia delle politiche, fondamentale anche per decidere dove concentrare le risorse pubbliche, dove investire.