
Aprire il dibattito è toccato a Sky che al Festival dello Sport ha mandato Davide Tesoro Tess, vicepresidente esecutivo strategie del gruppo in Italia. “Il satellite - ha detto - è la nostra casa ma non basta più ai nostri telespettatori che utilizzano con sempre maggiore frequenza smart device. Le nuove piattaforme permettono di accedere ai contenuti da qualsiasi dispositivo e in qualsiasi momento”. Le nuove tecnologie hanno creato qualche grattacapo a Dazn, alle prese con qualche problema tecnico. “La gara è stata assegnata solo sei settimana prima della partenza del campionato - ha detto Veronica Diquattro, vicepresidente esecutivo di Dazn Italia ed unica donna sul palco - ed abbiamo fatto il massimo per garantire un’esperienza in linea con le attesa del nostro pubblico. Continueremo ad investire perché crediamo che l’accesso alla rete sarà il canale di domani”. E se il business model di Sky è sulla consistenza dell’offerta (calcio, F1, MotoGp ed altri sport da prima fila), Dazn guarda al pubblico che non ha una capacità di spesa elevata. Per di più un canone contenuto è la migliore arma contro la pirateria. Netflix, in questo senso ha fatto scuola.
Se non hai calcio - questa l’idea alla base del successo di Eurosport - lavora per fornire agli appassionati degli altri sport il prodotto più completo. “Abbiamo nel ciclismo e nel tennis i nostri sport globali e in Italia abbiamo costruito il prodotto più innovato, assieme alla Lega Basket”, aggiunge Alessandro Araimo, ad di Discovery Italia/Eurosport.
I costi rappresentano ad oggi l’aspetto determinante, sui cui si gioca la sostenibilità degli investimenti. Un dato su tutti: i diritti del calcio in Italia sono passati dagli 800 mila euro degli anni ’60 al 1,4 miliardi di euro di oggi. “Il gruppo Mediaset - ha ribadito l’amministratore delegato Rti Marco Giordani - ha rinunciato ai diritti Tv del calcio nel 2015 e ancora oggi siamo convinti della bontà della nostra scelta. Il motivo? Il prodotto calcio in Italia non è cresciuto e il sistema calcio non ha aiutato gli operatori. La pirateria continua ad imperversare (vale quasi 2 miliardi di euro, ndr.), gli stadi sono vuoti, i campi spesso indecorosi, così come le scenografie degli stadi. Noi siamo l’unica azienda completamente italiana a questo tavolo e per noi determinati investimenti sono difficili. Gli altri colleghi rappresentano gruppi internazionali per i quali è più facile fare ammortizzare gli investimenti con economie di scala. Abbiamo preferito investire nelle news, nell’approfondimento e nell’online. A breve contiamo di diventare il primo portale italiano”.
E che il livello del calcio italiano sia inferiore agli altri paesi europei (Spagna, Uk e Germania) ne è convinta anche Discovery. “La questione - taglia corto il suo amministratore delegato Araimo - non è se il prezzo è alto o se il prezzo è basso. E’ la qualità del prodotto calcio che deve trovare un razionale”.