Affronta il tema di “Una buona economia in tempi difficili”, Esther Duflo, economista franco-americana, Premio Nobel nel 2019 assieme a Michael Kremer e Abhijit Banerjee, per l’applicazione di un nuovo approccio alla lotta alla povertà globale, che non sia solo fondato su modelli matematici, ma che parta dallo studio sul campo. Un tema che, per lei, già più volte ospite al Festival dell’Economia, si declina nell'attenzione alle “cose pratiche” della vita e ad aspetti come il clima e il cambiamento climatico. «Il cambiamento, in questa direzione, deve avvenire nei Paesi ricchi – dichiara la Duflo – perché anche se le più massicce emissioni di Co2 le riscontriamo in Paesi come la Cina e l’India, la vera responsabilità è da imputare a chi “impone” la produzione. Ma il costo dell’inquinamento e del cambiamento climatico, sarà scontato, stando agli studi, in primis dai Paesi poveri – chiarisce – già posizionati geograficamente nella fascia più calda del mondo, con l’aumento delle temperature stimato nei prossimi 30 anni, subiranno infatti, a causa della scarsa predisposizione nell’affrontarlo, un aumento della mortalità».
Il che, per la ricercatrice e docente del Mit, «vuol dire che dobbiamo agire in fretta, o ci troveremo in una situazione simile a quella della recente crisi sanitaria, in cui ciascun Paese investirà nel sostegno solamente dei suoi cittadini, accantonando le situazioni nei Paesi poveri. Agire in fretta, però, non significa sperare nel miracolo di una tecnologia, bensì avviare un cambiamento sociale – aggiunge – ci si deve allenare a contenere i propri consumi, modificando a poco a poco le proprie abitudini. In questo modo – e solo in questo modo – ci si abituerà alle nuove modalità, senza soffrire eccessivamente nell’effettivo momento di crisi». Ma un cambiamento di atteggiamento, passa, per la Duflo «anche da un governo che investe in tale direzione, in maniera trasparente, ottenendo la fiducia dei suoi cittadini, così come, del resto, ci ha dimostrato l’emergenza legata al Covid19: i governi possono e devono imporre misure di cambiamento, e tali misure non ci danneggeranno come spesso siamo propensi a temere, di primo acchito».
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