Gran cerimoniere dell’incontro condotto da Luigi Garlando e Andrea Schianchi giornalisti de La Gazzetta dello Sport quel Carlo Pelegatti che è una delle voci televisive più amate dal popolo rossonero. A lui il compito di introdurre sul palco giocatori come Alessandro Costacurta,, Daniele Massaro e Filippo Galli anche se l’applausometro ha raggiunto l’apice proprio con quattro fra i simboli dei quel grande Milan: Carletto Ancelotti, Franco Baresi, Frank Rijkaard e “il cigno di Utrecht” Marco van Basten uno dei più grandi attaccanti di sempre. Sul palco dell’Auditorium anche l’allenatore di quel Milan, Arrigo Sacchi, e due figure imprescindibili dell’epopea berlusconiana come Adriano Galliani e Ariedo Braida. Il Milan degli immortali, come hanno sottolineato anche i giornalisti della rosea, non è stato solo una squadra che ha cambiato il modo di intendere il calcio ma anche un vero e proprio fenomeno di costume.
Il gran demiurgo di quel Milan fu proprio Arrigo Sacchi, il profeta del pressing. chiamato al Milan dal prsidente Silvio Berlusconi: “Io e Berlusconi in quel momento ci siamo trovati in perfatta sintonia perché eravamo due visionari – ha raccontato il tecnico di Fusignano - e volevamo entrambi una squadra capace di esprimere un gioco di alto livello e divertente”. Secondo Arrigo Sacchi il segreto di quel Milan, oltre ai suoi campioni, era “l’etica del collettivo, la forza del gruppo in tutti i suoi componenti, la voglia di giocare bene a calcio sia in partita che in allenamento”. Fra i primi mattoni nella costruzione di quel Milan l’attuale allenatore del Napoli Carletto Ancelotti: “Non fu facile strapparlo alla Roma – ha raccontato Adriano Galliani il presidente Viola non voleva cederlo ma alla fine Sacchi riuscì a convincere Berlusconi, molto scettico sulle condizioni fisiche giocatore, ad acquistarlo”. E’ questo uno dei tanti aneddoti di un incontro nel segno del Diavolo culminato nel ricordo della finale di Coppa Campioni 1988/89 giocata in Spagna a Barcellona. Ottantamila tifosi del Milan, o per dirla alla Pelegatti “il più grande esodo di un popolo dopo quello guidato da Mosè”, spinsero la squadra a travolgere 4-0 lo Steaua con doppiette di Gullit e Marco van Basten per una partita diventata un vero e proprio manuale del calcio moderno. Il Milan di oggi è lontano da quello di allora anche se la presenza fra i pubblico di Zvonimir Boban ha fatto da collante fra quel passato glorioso, di cui fu fra i grandi protagonisti dopo il periodo degli olandesi e un presente in cui riveste il ruolo di dirigente a cui si affida la passione dei tifosi rossoneri che sognano un ritorno ai fasti del passato.