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"Sylos Labini - ha detto Cipolletta - è stato un maestro per tutti noi. Non era solamente un economista. In piena epoca macro economista aveva scelto come punto di riferimento l'oligopolio. Fece anche battaglie politiche e difese con coraggio le sue idee. Il saggio di cui parliamo oggi è diventato un classico, ancora lo si trova nelle librerie. A suo tempo ruppe la tradizione che allora voleva le società occidentali proletarizzarsi sempre di più. L'autore si concentrò invece sul ceto medio che andava ingrossandosi". Oggi, è emerso dal dibattito, si tende a dire che la società si sta polarizzando di nuovo tra ricchi e poveri. Nella definizione delle classi di appartenenza conta anche la genesi della ricchezza, non solo la sua quantità. "La distribuzione del reddito - ha aggiunto Cipolletta - non la fa la politica fiscale ma la spesa pubblica e l'attuale battaglia politica contro il fisco contrasta quindi con l'idea della proletarizzazione della società". Il populismo, secondo lui, cresce perché agli umori della pancia non corrisponde la presenza di una classe sociale che riesca a sovrapporre i suoi interessi con quelli del paese.
Per Ilvo Diamanti il "saggio" è un testo importante che ha il pregio di essere innovativo, sistematico e prefigurativo. Negli anni '70 parlare di lotta di classe e di divisione in due della società aveva, ha spiegato Diamanti, un significato molto diverso rispetto ad oggi. Sylos Labini introdusse nel dibattito la piccola borghesia. Ci ha detto che tra proletariato e borghesia c'è un altro corpo sociale. La differenza tra gli anni '70 e oggi è che ora accettiamo l'idea che la società sia un "unicum". "Oggi - ha detto Diamanti - alla classe operaia mancano i luoghi dove formarsi e che le possano dare stabilità attraverso legami di solidarietà. Ci troviamo in una situazione diversa rispetto a quella descritta da Sylos Labini. Il ceto medio si è dilatato e ha cambiato il suo fondamento". Una visione classica, ha aggiunto, vede una piccola borghesia fatta di piccoli imprenditori e lavoratori autonomi poco incline ad accompagnare processi riformisti e poi un ceto medio cosiddetto riflessivo, che è riformista e innovatore ed è composto da pubblico impiego e intellettuali. Oggi il ceto medio si è così dilatato che sfuggono i confini e le definizioni tra le diverse componenti. Dall'altra si sta tornando anche alla dicotomia alto-basso. Dalle analisi periodicamente condotte, negli ultimi dieci anni, dal 3 al 6 per cento della popolazione rappresenta la classe dirigente, si rileva poi una percezione di declino sociale a partire dal 2008. Sempre più italiani, in particolare donne e casalinghe ma anche lavoratori autonomi e piccoli imprenditori, si sentono appartenenti al proletariato. Siamo in una fase di uscita dal ceto medio e di rappresentazione di sé stessi come in caduta verso il basso. "Oggi - ha detto Diamanti - parlare di classi sociali e mobilità crea disagio soprattutto riguardo ai giovani. Se il futuro è ieri che mobilità sociale vuoi avere".
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