La situazione nel Tibet resta molto tesa. Sono 24 i monaci e laici che negli ultimi mesi si sono immolati con il fuoco per protestare contro il governo cinese e rivendicare il diritto del popolo tibetano a conservare la sua identità, la sua lingua, la sua cultura, le sue millenarie tradizioni religiose. Nel frattempo i tibetani in esilio - circa 100.000 persone, per la maggior parte rifugiate in India - si sono dati una nuova costituzione che sancisce anche formalmente la divisione fra la sfera spirituale e religiosa, di cui il Dalai Lama è il massimo rappresentante, e quella politica.
"Sappiamo che questa è una fase delicata per il suo Paese - ha detto Dellai - e possiamo assicurarle che l'amicizia fra il Trentino e il popolo tibetano continuerà anche in futuro. Ci auguriamo che questo momento molto difficile per l'economia mondiale non metta in secondo piano questioni fondamentali come il rispetto e la tutela dei diritti umani e dei popoli. Continueremo a diffondere i principi della Carta di Trento specie fra le regioni autonome come la nostra, ma continueremo anche ad aiutare il suo popolo con iniziative molto concrete sul versante della cooperazione allo sviluppo."
"E' una situazione difficile - ha confermato il primo ministro Sangay - , come testimonia il sacrificio di molte persone, nel Tibet, che si stanno dando fuoco. Anche se ho assunto questa carica solo da sei mesi, avverto sulle mie spalle le speranze riposte dai tibetani affinché possa fare qualcosa per aiutarli. Abbiamo bisogno del sostegno di tutti. Questa è la ragione delle visite che sto facendo in questi giorni, per ringraziare coloro che ci sono più vicini, come i trentini."
Il primo ministro ha detto inoltre che il Dalai Lama sta bene di salute e che continua ad essere una preziosa fonte di ispirazione per il suo popolo. Infine, dopo avere confermato che gli aiuti forniti dal Trentino sono preziosi e che hanno portato molto giovamento alle comunità tibetane in esilio, ha rinnovato l'invito al presidente Dellai affinché visiti in futuro la sede delle istituzioni tibetane in esilio, a Dharamsala, in India.
Nella risoluzione consegnata dal presidente Dellai al primo ministro tibetano, dopo un breve excursus sulla storia del Tibet, invaso dalla Cina nel 1951 e poi occupato militarmente dal 1959 (anno in cui l'allora giovane Tenzin Gyatso, il XIV Dalai Lama, abbandonò il paese per recarsi in esilio in India), si sottolinea come "l'autonomia delle Province e Regioni che noi rappresentiamo è la dimostrazione che i conflitti possono avere una soluzione non violenta rispettosa dei diritti di tutte le parti, che è possibile conservare le identità e le culture dei popoli anche se minoritari attraverso forme di autonomia e di autogoverno, che i diritti delle minoranze sono pienamente compatibili con la sovranità di uno Stato e con l'unità dello stesso."
Nel documento si auspica quindi l'apertura di un percorso negoziale fra le autorità cinesi e quelle tibetane, che riconosca al Tibet il diritto all'autogoverno e alla conservazione della lingua, della cultura, della religione tibetana, nonché alla salvaguardia dell'ambiente e delle risorse naturali, nell'ambito di un'autonomia concordata con il governo di Pechino nei confronti della quale l'Autonomia del Trentino può offirire un'utile fonte di ispirazione.
Immagini a cura dell'ufficio stampa.
Audiointervista al primo ministro Lobsang Sangay. -