
L'agonismo dei campioni ha lasciato il posto alla solidarietà, le strette di mano hanno superato le prodezze tecniche e non c'è stato bisogno di cartellini gialli né tanto meno rossi.
"Il risultato oggi passa certamente in secondo piano", spiega Alessandro Brunialti, presidente del Comitato trentino della Croce Rossa. "Abbiamo partecipato volentieri a questa iniziativa perché ha rappresentato non solo un'occasione di gioia e divertimento, ma soprattutto un'opportunità di ulteriore incontro nel percorso di accoglienza e di inclusione di questi giovani".
Accanto ai calciatori impegnati nel triangolare, tutti i cinquantaquattro ragazzi accolti all'Ostello (e giunti dall'Africa per sfuggire a guerre, violenze e persecuzioni) sono scesi idealmente in campo attraverso un tifo che ha allontanato, almeno per qualche ora, i ricordi di un viaggio disumano e la preoccupazione per le famiglie rimaste in patria. Il loro primo desiderio, nel ricostruirsi una vita, è sentirsi parte di una comunità. "Ecco perché – spiegano gli animatori dell'Ostello – fra loro non esiste più una distinzione fra nigeriani e maliani."
Questi giovani, strappati alle acque del Mediterraneo nell'ambito dell'Operazione Mare Nostrum, sono seguiti (non solo a Castelfondo, ma anche al Campo di Marco di Rovereto) dalla rete dei soggetti impegnati nell'accoglienza: Cinformi del Dipartimento Salute e Solidarietà sociale e Protezione civile, con la collaborazione del privato sociale. Fra i protagonisti di questa accoglienza, anche i volontari del Comitato trentino della Croce Rossa, oggi anche sul campo da calcio per una fraterna solidarietà. (ac) -