Lunedì, 02 Giugno 2014 - 02:00 Comunicato 1367

IL "MAL DI NAZIONE" SI CURA CON UN NUOVO PATRIOTTISMO EUROPEO

Il "mal di nazione", vale a dire i risorgenti nazionalismi e i populismi che stanno condizionando il processo di integrazione europeo, non si cura inoculando dosi dello stesso virus, il nazionalpopulismo appunto, ma rilanciando il progetto europeo. Questa la tesi che Alberto Martinelli sviluppa nel suo libro "Mal di nazione. Contro la deriva populista" e sulla quale si sono confrontati al Festival Tommaso Nannicini, professore di Economia alla Bocconi, direttore di "Link Tank" e redattore de "lavoce.info" e Lorenzo Dellai, presidente della Commissione dei 12 e già presidente della Provincia autonoma di Trento.-

Il libro di Martinelli è uscito prima delle elezioni europee ma ne fotografa, per così dire, il successivo esito dopo aver dedicato la prima parte ad una disamina storica del nazionalismo. C'è, in Martinelli, la forte preoccupazione per il rischio che i nazionalismi risorgenti ("non sono mai morti"), possano essere un ostacolo per l'integrazione politica dell'Europa. La tesi è che "serve piú Europa e non meno Europa per combattere il populismo", a costo di dover immaginare anche un'Europa a geometria variabile dove trovino collocazione sia i paesi euro sia quelli no-euro.
Per Lorenzo Dellai, però, "non basta l'ingegneria istituzionale", serve la riproposizione di elementi di comune appartenenza, pescando dal repertorio del nazionalismo degli ingredienti di identità. "Forse vale la pena tornare ai grandi valori ideologici, civili, sociali, politici comuni, ma di straordinaria importanza per rafforzare l'idea dell'identitá plurima dell'Europa è il ruolo che possono svolgere le autonomie territoriali, il recupero di una dimensione intermedia".
Ma che cosa hanno in comune Beppe Grillo, Nigel Farage, Marine Le Pen, la Lega e Alba Dorata? "In comune hanno due elementi - spiega Martinelli -: il fatto di avere come bersaglio critico i vertici europei e la moneta comune; è questo che permette a Grillo di dialogare con Farage. Secondo, il contrasto all'immigrazione. Poi ci sono tratti distintivi dell'ideologia nazionalista (noi e loro, gli altri), quindi l'ossessione della storia e dello spazio, che definisce il carattere nazionale. Il populismo non è una ideologia ben costruita come quella nazionalista, è un tipo di retorica in cui troviamo diverse accezioni della nozione di popolo: qui c'è l'idea antica che esiste una massa, il popolo, vittima delle èlite al potere. Poi c'è l'idea del popolo come espressione vera della democrazia, di una democrazia diretta, che toglie di mezzo i corpi intermedi. La terza accezione, la più pericolosa, fa riferimento al popolo come gruppo etnico. Il populismo mescola un po' questi elementi. Se escludiamo i movimenti estremi come quello greco o bulgaro, possiamo dire che si tratta di movimenti che sono sì anti politici ma democratici. Che cosa non sono? Non sono liberali, non accettano la separazione dei poteri, ritengono che chi ha un voto in più è legittimato a decidere e comandare".
Dobbiamo temere le conseguenze negative dei nazionalismi perchè è da essi, ammonisce Martinelli, che sono derivate le guerre: "Ci sono potenzialità di degenerazione, in questo senso". Che fare allora? "Gli Stati nazionali devono rilanciare il metodo comunitario riducendo l'ambito decisionale intergovernativo, cedere progressive quote di sovranitá nazionale a favore della costruzione di un nazionalismo buono e di un patriottismo europeo, dove le identitá nazionali non scompaiono ma accompagnano la dimensione comunitaria".
La scuola, qui, ha un grande compito, ma anche i mass media. Martinelli lamenta l'assenza di una televisione europea, e di un servizio civile europeo obbligatorio per tutti i ragazzi d'Europa, un servizio civile universale come quello - lo ha ricordato Dellai - che il Trentino ha previsto, con una apposita legge, per i propri giovani. E serve incominciare a "confutare la tesi che l'Unione europea è più difficile oggi di un tempo, giacché noi siamo oggi più interdipendenti di dieci anni fa". -