Lunedì, 02 Giugno 2014 - 02:00 Comunicato 1356

IL CONTROLLO DEL POTERE IN DEMOCRAZIA

Opportunismi, Ideologia, e Senso civico sono i principali modelli delle motivazioni dei politici nella letteratura della political economy. Ha preso spunto dalla nota affermazione di Vaclav Havel del ‘potere dei senza potere', ovvero della capacità individuale di sottrarsi al conformismo collettivo, e da Tocqueville che affermò che "nelle democrazie il dispotismo non colpisce il corpo, ma va dritto all'anima: 'siete liberi di non pensare come noi, la vostra vita e i vostri beni vi restano, ma da ora siete stranieri fra noi", Tommaso Nannicini, professore di Economia all'Università Bocconi di Milano, nella sua relazione sul Potere politico dal punto di vista degli economisti. Esercitare il controllo sugli eletti in democrazia è un processo molto più complesso, paradossalmente, di quello fatto in un regime dispotico.-

L'assenza di doglianze su una determinata governance non vuol dire, per Max Weber, che ci sia un'assenza di esercizio di potere sugli altri. "E' possibile - ha spiegato Nannicini - che siamo così convinti che la società gerarchica sia connaturata alla società, che non riusciamo pensare a organizzazioni sociali diverse". Il potere è in primo luogo la capacità di influenzare l'altro', che gli economisti chiamano anche ‘Vincolo di scelta'. Nel contesto di una democrazia rappresentativa sono le posizioni istituzionali che danno potere, sulla base di deleghe. Ad esse si aggiungono i network di potere, economico e della conoscenza. Alcuni soggetti sanno di avere più informazioni degli altri e usano questo vantaggio in modo opportunistico. E' il caso in cui le scelte democratiche sono influenzate dalle lobby. Capire la selezione delle elites politiche è un fattore chiave per capire come si esercita il potere politico. Uno studio econometrico afferma una teoria shock sui leader: la ‘morte naturale del leader', vale a dire un cambio di leadership, porta sempre alla modifica nella traiettoria di crescita del Paese. "Dal 1950 al 2003 le democrazie nel mondo sono aumentate, mentre il livello di partecipazione elettorale è in calo - ha evidenziato Nannicini - un fattore non proprio positivo, perché la pressione dal basso è considerata una pressione positiva di controllo sull'esercizio del potere politico". Gli economisti si dividono in alcuni fiiloni di interpretazione del potere politico. Il primo (Scuola di Virginia) critica sostanzialmente l'economia del benessere. "Niente assicura che lo Stato sceglierà politiche ottimali, non ci sono dittatori benevoli, ma individui che tengono conto del proprio interesse e dei loro incentivi alla base delle scelte politiche". Qui le costituzioni sono considerate dei mezzi per contenere "il leviatano". Il secondo filone (Scuola di Chicago) vede la politica come un processo competitivo per accaparrarsi il consenso, ma nel processo la competizione elettorale garantisce l'efficienza. Qui la competizione tra le elites si concentra sull'accattivarsi l'elettorato più distaccato e scettico sulla politica. I cosiddetti ‘elettori volatili', per gli economisti, sono quelle che determinano le scelte democratiche. I politici si lamentano spesso: " So cosa fare, quali riforme attuare ma non so come farmi eleggere". "La difficoltà di aggregazione delle preferenze individuali - ha concluso Nannicini - è un tema multidimensionale, che ha a che fare con la qualità sul modo con cui si arriva in politica. Parte della selezione dei politici dipende anche da come funzionano le istituzioni, le leggi elettorali e da come gli elettori esercitano il controllo sulle selezioni". -