
"Vorrei ragionare – ha commentato Aldo Bonomi – sul tema della mobilità territoriale, più che su quello della mobilità sociale. In Italia, secondo l'Istat, il lavoro per i giovani sta crescendo soprattutto nelle aree urbane; anche durante la crisi, nelle zone metropolitane si è vista una tenuta del sistema". Quelli che Bonomi chiama i "moderni metalmezzadri", sono dunque i "lavoratori della conoscenza", perché il futuro è nelle mani dei giovani creativi, che sanno coniugare agricoltura e impresa. Infine un affondo: "Oggi ci troviamo di fronte a comunità rancorose e nostalgiche e, se mi è permesso, questo è un territorio a rischio in tal senso, penso ad esempio alla nostalgia di quando l'autonomia non era messa in discussione".
Dai giovani metalmezzadri alle "imprese enciclopedia". Francesco Maggiore, nel presentare un saggio di Gianfranco Dioguardi, ha parlato di costruire alleanze fra cultura del sapere e cultura del fare, per far nascere imprese innovative dove mettere a frutto professionalità consolidate. Per governare il cambiamento, poi, è necessario creare una "city school" imprenditoriale dove studiare il governo della città complessa.
Infine Roland Benedikter ha portato il caso degli Stati Uniti: "Gli Usa si sono sempre definiti come il Paese con la più grande mobilità sociale del mondo; tutto il sistema sociale, politico e culturale è basato proprio sul fattore mobilità, verticale e territoriale. Il cambiamento è parte integrante della loro mentalità, ma oggi c'è una grande paura che investe soprattutto la classe media, ovvero non avere accesso al sogno americano". A frenare la mobilità della classe media è l'istruzione, che ha un ruolo centrale nel sistema americano e rappresenta la chiave per il futuro: "Le tasse di iscrizione - spiega Benedikter - sono salite in media del 200% negli ultimi 15 anni, oggi per studiare negli Usa sono necessari almeno 25.000 dollari all'anno, anche nelle Università più scarse". Questo ha creato una situazione complessa, con famiglie indebitate per far studiare i figli. Non semplici le cause, dovute, secondo l'insegnante californiano "a una ineguaglianza crescente", a un sistema introdotto dall'ex presidente George Bush nel quale "i ricchi erano quasi esenti dalle tasse" e, soprattutto, all'invasione di "studenti cinesi nelle università americane, pagati dal governo cinese che possono permettersi ciò che vogliono". -