Questa edizione del Safer Internet Month ha lanciato un prototipo di progetto innovativo: l’attestazione “Digital Family Responsability”. Di cosa si tratta? E’ un percorso laboratoriale per far conoscere alle famiglie degli studenti delle scuole superiori i social network e i pericoli provenienti dal navigare sul web. In particolare lo scopo è aumentare la dimestichezza dei genitori nell’utilizzo della rete, che sta modificando profondamente le abitudini di vita relazionale dei giovani, sia tra di loro, a scuola che in famiglia. Altro importante obiettivo è aumentare il dialogo e lo scambio di informazioni tra genitore e figlio su quanto accade nel mondo virtuale.
Il format del progetto prevede un’aula informatica, la presenza di formatori e di 32 gruppi composti da uno o due genitori e il/i figlio/i. Il laboratorio sarà suddiviso in tre incontri: 1° incontro: Spiegazione del programma; creazione delle identità virtuali in aula; accesso alla documentazione; 2° incontro: Simulazione di attacchi on–line, cyber bullismo, adescamento on–line e furto di identità. Ogni coppia potrà reagire all’accaduto aiutandosi con la documentazione a disposizione, ma soprattutto instaurando un dialogo tra genitore e figlio su che cosa stia accadendo e come sia opportuno reagire; 3° incontro: in presenza dei coordinatori del progetto, restituzione in aula su come le coppie hanno vissuto l’esperienza e cosa ha significato questa formazione sia individualmente che nella loro relazione parentale.
Abbiamo intervistato genitori e figli studenti dell’Istituto Marie Curie di Pergine ed ecco quanto emerso in sintesi dopo i primi incontri, in attesa di ascoltare dal vivo le testimonianze di tutte le famiglie il 6 marzo nell’evento conclusivo del SIM. I genitori hanno portato a casa competenze e conoscenze inaspettate, qualche esempio: “la scoperta che si può limitare l’uso di internet con apposite app”; “maggiori informazioni sul mondo digitale: social, videogiochi e internet”; “ho approfondito il bullismo/cyberbullismo e le modalità per riconoscerlo e cercare di combatterlo”, “migliore comprensione dei social utilizzati dai ragazzi e loro potenzialità e rischi”. Alla domanda “su cosa l’ha interessata e coinvolta durante il corso?”, hanno risposto: le simulazioni su fatti realmente accaduti e “condividere le esperienze dei genitori che hanno conosciuto da vicino casi di bullismo: sono importanti per capire meglio le dinamiche”. La maggior parte di loro ripeterebbe il corso anche il prossimo anno e valuta positivo il rapporto vissuto col figlio durante il corso: “un’occasione per rafforzare il rapporto; maggiore complicità e coinvolgimento reciproco, esperienza positiva da ripetere”.
Dalle interviste ai figli sono emersi invece i seguenti dati. Alla domanda “cosa ti ha colpito di più del corso?”, hanno risposto: la dipendenza dai videogiochi e da internet, il bullismo, la pericolosità dei social network, la socializzazione figlio-genitore sui social. Il rapporto con il genitore invece è stato vissuto per alcuni con complicità, per altri normale “come tutti i giorni, forse un po' più aperto”, “molto bene, devo dire che ero un po' titubante inizialmente sul fatto di dover cooperare con i miei genitori, poi però si è rivelata una cosa molto molto positiva“, “ci sono state delle discussioni riguardo il controllo del telefono, però è stato comunque molto interessante riuscire a parlarne”. Alla domanda “lo rifaresti?” tutti hanno risposto positivamente e, anzi, lo consiglierebbero ai loro amici e, infine, alla domanda “cosa ti ha intimorito di più nel corso?” hanno risposto: la pedofilia, la possibilità di essere una vittima, il bullismo, “come sia semplice essere clonati”, “le foto che diffondi sui social e girano per tutto il mondo”.
Appuntamento al 6 marzo per ascoltare le testimonianze di tutte le famiglie dei vari istituti scolastici che hanno seguito il percorso.
PROGRAMMA IN ALLEGATO
(an)