Sono tante le minacce al calcio nazionale, secondo Javier Tebas, presidente de LaLiga: «Ci sono le nuove competizioni, con le nuove regole e i nuovi calendari; ci sono i mondiali, che cadono a metà stagione e pretendono il fermo di squadre intere, benché non vi prenda parte che una piccola percentuale dei calciatori; ci sono i “club-Stato”, come i PSJ, che inflazionano i salari e rendono impossibile competere sul mercato. Tutte realtà che remano contro chi davvero produce l’indotto calcistico (LaLiga fa circolare 25 miliardi di euro l’anno) e dovrebbe quindi avere maggior voce in capitolo».
Un’idea, quella della centralità delle serie nazionali, su cui concordano anche i due campioni Samuel Eto’o e Fernando Morientes, un tempo rivali in campo: «Sono cresciuto nel modello de LaLiga e credo sia un sistema da esportare. Io stesso, se dovessi diventare presidente della lega africana il prossimo dicembre, lo adatterei per migliorare le cose in un mercato oggi non organizzato, informale, in direzione di maggiori investimenti da parte dei club» - sostiene infatti il primo. «Nell’ultimo decennio – riconferme “El Moro” – il controllo economico della lega sui club, ha condotto alla tranquillità delle squadre stesse, ma anche a numerosi miglioramenti in relazione indiretta sul gioco». Se il 15% del denaro è reinvestito sui calciatori, il restante 85% va invece, stando agli oratori, in direzione di uno sviluppo generale: si parte allora dalla digitalizzazione, citata da Tebas, per poi passare al miglioramento delle infrastrutture e degli stadi, fino ad arrivare a, come aggiunge Morientes, «l’evoluzione della professionalità, pensiamo ad esempio al fatto che ai miei tempi 25 giocatori avevano a disposizione 3 fisioterapisti, mentre oggi ce ne sono 25, uno per ciascuno. Ma anche, ancora, alla presenza di un dipartimento di psicologia, e via dicendo».
LaLiga, poi, per i tre ospiti del Festival, comporterebbe anche «una competitività sana, che non è rivolta a far vincere qualcuno di diverso dal Barcellona o dal Real Madrid – prosegue Tebas – ma a far vincere la prima squadra con meno punti, innalzando quindi il livello di tutti i club in gara». Del resto, sostengono i due giocatori, «le partite della lega nazionale sono le più importanti anche per chi gioca, perché a prescindere dalle emozioni che danno le altre competizioni, è nel campionato, che dura a lungo, che si soffre e si gioisce». Ecco allora che, sollecitato su “El Clàsico” Barcellona-Real Madrid, il presidente sostiene che «non possa lasciare gli stadi della Spagna, perché il suo pubblico è lì», così come, per Eto’o e Morientes, «non perderà mai fascino, in quanto competizione più importante di tutto il campionato nazionale, a prescindere dall’assenza di Messi e Ronaldo».
Eto’o-Morientes-Tebas: «Il calcio è prima di tutto nazionale»
«Il mondo del calcio spinge sempre di più in direzioni di competizioni al di fuori dei confini nazionali, ma il cuore di tutto sta, al contrario, al suo interno» - così commenta Javier Tebas, presidente de LaLiga, in un confronto con Samuel Eto’o e Fernando Morientes, sul palco del Festival dello Sport. «Il 90% dei giocatori - dobbiamo ricordarci - non gioca i mondiali» - aggiunge. Un sistema, quello nazionale e in particolare delle leghe, che anche per l’ex-attaccante del Barcellona e dell’Inter, oggi candidato presidente della Confederazione Calcistica Africana Eto’o, «funziona e va esportato, perché permette una sana competizione e che il livello dei club si alzi». Non da meno poi, secondo “El Moro”, ex-Real e oggi ambasciatore de LaLiga, «Una migliore redistribuzione del denaro, che a sua volta porta maggiore professionalità e cura del giocatore».