Una riflessione ampia che ha coinvolto ambiti diversi, uniti però da sensibilità e punti di vista spesso simili. Ad accomunarli, la preoccupazione e l’urgenza con cui si invocano interventi per contrastare una pandemia che ha reso evidente la fragilità del sistema. «Affrontare la pandemia è stato come rendersi conto all’improvviso di camminare su una superficie di ghiaccio sottile, apparentemente stabile, ma pronto a rompersi da un momento all’altro». L’economista Michele Andreaus dell’Università di Trento ha aperto la riflessione su futuro post Covid insieme alla dirigente provinciale del Servizio Politiche sociali, Federica Sartori, che ha lanciato la riflessione su una delle parole chiave dell’incontro: la resilienza. Nelle persone ma anche nei servizi, oggi sono alle prese con un problema inedito, la pandemia, che ha portato a galla e reso più drammatiche criticità già esistenti. Un pericolo evidente ma invisibile da cui difendersi è difficile, anche perché creare legami sociali attraverso i servizi diventa difficile se si è obbligati mantenere le distanze. «Il sistema di welfare è sotto pressione ma sta reagendo con esempi di creatività organizzativa, promozione di solidarietà, semplificazione. La sfida è quella di rimodulare, ridefinire, riemergere e ripartire, senza ripetere ciò che c’era prima, ma attivando con coraggio schemi nuovi, fatti di interazione e inclusione, forti delle esperienze maturate in questi mesi»
Maurizio Carrara, già presidente di Unicredit Foundation e già presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano, ha parlato di anziani e di dinamiche familiari. «Uno dei problemi di questo tempo è quello legato alla cosiddetta “generazione sandwich”, schiacciata tra la cura dei figli e quella degli anziani. Con l’arrivo della pandemia la situazione si è ulteriormente aggravata. Abbiamo un problema di gratitudine generazionale, generato dal peso divenuto eccessivo, gravoso, della cura degli anziani. E nelle rsa la situazione non è migliore. In questi mesi abbiamo assistito alla trasformazione delle strutture di assistenza in “fortini”, isole dove la sanità pubblica però non sempre ha aiutato a fornire tutto il necessario e mancavano piani adeguati a per garantire l’incolumità degli anziani». Poi un invito a non sottrarsi al dovere collettivo di dare energia al sistema, contribuendo in prima persona attraverso il pagamento delle tasse e la lotta all’evasione che sottrae risorse preziose soprattutto in situazioni come questa.
I disabili sono la terza categoria che ha particolarmente sofferto la pandemia, soprattutto a causa della chiusura e della rarefazione delle terapie, dei centri diurni, dei servizi educativi e formativi personalizzati, delle riabilitazioni. «Abbiamo alle spalle una stagione di tagli alla ricerca, sanità e al welfare, in cui poco si è curata l’assistenza di prossimità, la medicina territoriale. E questo è particolarmente rilevante, come per gli anziani, anche per le persone disabili a cui molti servizi vanno portati a domicilio» ha aggiunto Mario Alberto Battaglia, già presidente della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM). «Durante la pandemia i familiari e i caregiver, hanno dovuto affrontare una realtà particolarmente grave in cui è mancata la personalizzazione dei servizi. Un altro problema da affrontare riguarda l’accesso al lavoro e il mantenimento del lavoro delle persone con disabilità. Le questioni dell’occupazione vanno affrontate anche per i disabili, perché sono una risorsa per la società. Occorrono scelte di sistema».
«Farsi nuove domande e cambiare prospettiva vale anche nella relazione con i minori, messi alla prova del distanziamento e di nuove regole» ha commentato Lorenza Ferrai, responsabile del Settore Ricerca, Formazione e Servizi pedagogici della Federazione Provinciale Scuole Materne di Trento. «La pandemia ci ha spinto a guardare oltre i nostri consueti orizzonti, a confrontarci con altri, a porci interrogativi nuovi. Ad esempio: di cosa sono capaci i nostri bambini e i ragazzi? Come li consideriamo? Spesso sottovalutiamo la loro capacità di contribuire al dibattito, di esserci e partecipare attivamente alla costruzione delle scelte. Abbiamo capito che sanno porre buone domande, sanno capire le spiegazioni, sanno essere interlocutori raffinati, sanno affrontare situazioni pesanti. La sfida per noi è ora stare vicini alle famiglie in questa fase».
A subire pesanti ripercussioni anche il mondo del lavoro femminile, ma le conseguenze hanno inciso su tutto il sistema economico e sociale. «Il ghiaccio sottile si è rotto e la pandemia ha reso evidente a tutti la mancanza di tenuta del sistema. Il problema della conciliazione dei servizi di cura con il lavoro finora era poco visibile. Oggi che con la pandemia tante donne hanno perso il lavoro e sono tornate a casa lo percepiamo di più» ha rimarcato Riccarda Zezza CEO di Lifeed by MAAM tornando sulla metafora iniziale. «Le soluzioni sono ben note a tutti: ora c’è bisogno di prendere le decisioni, prendendo atto che il sistema non tiene più e che i problemi sono venuti a galla. Queste decisioni richiedono investimenti di lungo periodo, che coinvolgono generazioni, non buoni famiglia». Poi un accenno sul trattamento che la società riserva a donne, minori, disabili. «Spesso queste persone vengono considerate “anomalie” del sistema. In realtà però queste categorie sono parti avanzate della società. Il fatto che non si riesca a far loro spazio e si trattino come minoranza denota un’incredibile rigidità. Questo è un rischio, perché mina la capacità del nostro Paese di competere a livello internazionale. Il sistema evolve partendo dalla rivalutazione di queste fasce di popolazione, non più come minoranze ma come risorse. Va cambiato il metodo di valutazione. Va messa in discussione la dittatura della minoranza a cui siamo sottoposti».