La sola istituzione di un corso di laurea non è sufficiente a garantire il raggiungimento del risultato; è necessario creare sinergie fra gli attori territoriali oltre ad alleanze con possibili partner esterni: questa la convinzione espressa dal presidente Merigliano nel corso della sua esposizione.
“Il tema è anche partire subito – ha sottolineato a sua volta Fugatti – in modo tale da dare al trentino risposte concrete nel più breve tempo possibile”.
Il progetto quindi è quello di creare una scuola di medicina e chirurgia che coinvolga più atenei. L’Università di Trento gestirebbe il coordinamento logistico generale, il diritto allo studio e i corsi Bio/Fis (Biologia e Fisica, in totale una decina di corsi); alle aziende ospedaliere, a partire dall’Apss, la didattica clinica e i tirocini (i tirocini sono già previsti dal secondo anno di corso) con il progressivo coinvolgimento del personale medico nella didattica (all’Apss sarebbero già attivabili una quindicina di medici); al’’università di Padova spetterebbe la gestione del corso di laurea con prevalente attribuzione dei corsi Med (medicina), i tirocini e il coordinamento con le aziende ospedaliere (volutamente al plurale, a partire come dicevamo da quella trentina); Verona infine gestirebbe i corsi in scienze infermieristiche e delle altre professioni sanitarie, come già avviene oggi.
Per quanto riguarda le modalità di applicazione, il progetto prevede da un lato l’avvio dal 1° ottobre 2020 di un corso di laurea dal primo anno come duplicato di quello di Padova con docenti e risorse di Trento e Padova, e contemporaneamente l’attivazione, sempre da quella data, di corsi di laurea dal quinto anno con studenti volontari in corso a Padova (ci sono attualmente un centinaio di studenti di Medicina trentini e altoatesini che studiano a Padova, di cui 40 al quarto anno, e ad essi potrebbero aggiungersi altri studenti che attualmente studiano a Verona). Essendo Padova capofila non sarebbe necessario l’ottenimento di alcun via libera ministeriale, né per il corso che parte dal I° anno né per quello attivato dal V°.
Le eccellenze trentine, come il Cibio, la FBK (informatica, robotica), e naturalmente quelle presenti nell’Università di Trento, potrebbero essere integrate nel progetto formativo fin dal corso di laurea, non solo nella fase della specializzazione. Anche gli ospedali periferici potrebbero essere coinvolti per corsi e tirocini particolari (come riabilitazione) nonché nella fase di specializzazione (ad esempio traumatologia).
Per quanto riguarda le scuole di specializzazione: quelle già attive in Trentino rimarrebbero e ad esse potrebbero esserne affiancate anche delle altre. La Rete formativa del Veneto dal canto suo si sta allargando, facendo perno su Verona e Padova. Ogni formando deve fare un 20% del suo percorso formativo al di fuori della “casa madre”, il che favorisce le sinergie e gli scambi. L’ospedale trentino potrebbe essere inserito a sua volta nella rete.
In tarda mattinata il presidente Fugatti ha anche incontrato il prorettore dell’Università di Trento Flavio Deflorian, per un primo esame congiunto dei contenuti della proposta di Padova. “Il nostro auspicio – ha detto, al termine dell’incontro – è che tutti i soggetti interessati collaborino al raggiungimento di un obiettivo importante. Il tema non è l’università in sé. Ma partire subito per dare risposte alle carenza di medici. L’università di Padova propone un accordo con tutte le strutture trentine e che valorizza nel breve e lungo periodo le competenze, e questo ci sembra molto importante”.