Ad introdurre i lavori è stato il direttore Guarrera che ha parlato dell'ospedale come una vera e propria orchestra, nella quale si è lavorato "in sintonia, sinergia e sincronia", con tanti professionisti che si sono alternati, ma anche con "istituzioni, associazioni, imprese, cittadini, colleghi del territorio e il privato accreditato", ciascuno che ha contribuito per affrontare l'emergenza.
"Abbiamo superato una grande impresa - ha aggiunto il direttore generale facente funzioni Benetollo - e abbiamo progressivamente riorganizzato Rovereto quale ospedale Covid del territorio. Basti pensare ad alcuni numeri: il 1° gennaio erano in servizio 579 professionisti sanitari, il 1° luglio 609, ci sono stati 9 professionisti che sono venuti a lavorare dal territorio e 22 operatori di Rovereto che invece sono andati sul territorio, nelle strutture pubbliche e private, dove c'era più bisogno". E per il futuro l'ospedale si sta già riorganizzando: "Sappiamo tutti che c'è bisogno di investimenti - ha concluso Benetollo - ci sono lavori in corso per l'adeguamento alla normativa antincendio per 7,9 milioni di euro, altri 1,350 riguardano i lavori per la risonanza magnetica e poi abbiamo già chiesto di poter utilizzare i finanziamenti che lo Stato ha deciso di assegnare alla Provincia durante l'emergenza per la ristrutturazione di due piani e per il pronto soccorso".
Susanna Cozzio direttore di Medicina interna ha quindi spiegato come è stato riorganizzato l'ospedale, a partire dai primi due pazienti Covid arrivati a Rovereto il 7 marzo, di cui uno finito subito in rianimazione: "Dall'1 al 14 marzo abbiamo rivoluzionato la nostra struttura e poi il periodo più intenso lo abbiamo avuto dal 14 al 31 marzo, in un solo giorno sono arrivati 26 ricoveri in terapia intensiva. In totale all'Ospedale di Rovereto abbiamo trattato quasi 500 pazienti, sui circa 1.000 di tutto il Trentino". Ma il lavoro non è ancora finito: "Il nostro dovere è ora sapere cosa succederà ai pazienti che hanno avuto questa malattia e quindi stiamo strutturando un ambulatorio di follow up per tenerli monitorati".
Rosella Martini, medico di anestesista rianimazione, ha evidenziato come in rianimazione, dal 7 marzo al 18 aprile, data dell'ultimo paziente covid, siano stati accolti "64 pazienti, di cui due dalla Lombardia, 57 sono stati dimessi, 7 sono stati i decessi". In totale "il personale infermieristico e ausiliario coinvolto è stato fra le 90 e 100 persone". Quindi il 5 maggio ha chiuso la seconda rianimazione, aperta per fronteggiare l'emergenza, mentre il 3 giugno è stata finalmente aperta la rianimazione non Covid, con la dimissione dell'ultimo paziente. Martini ha ricordato anche l'intensità del carico di lavoro, la preoccupazione personale, i tanti messaggi di sostegno ricevuti dalla popolazione e i beni di conforto offerti, l'entusiasmo e la coesione del gruppo.
Quindi a Fabio Malalan della Medicina d'Urgenza il compito di ricordare il rapporto con le Rsa e l'azione preventiva attuata, mentre Stefania Fugatti della Chirurgia ha spiegato come durante la pandemia siano stati assunti 32 infermieri e 22 Oss: "In terapia intensiva siamo passati da 41 a 60 infermieri, ovvero ad avere 12 infermieri disponibili per ogni turno". Infine Renata Lazzeri, coordinatrice infermieristica, ha portato alcuni interessanti numeri per spiegare l'emergenza, che ha visto ad esempio triplicarsi il consumo di igienizzante per le mani, l'utilizzo in un semestre di 1.635.801 guanti monouso a fronte di 1.495.305 dell'analogo semestre del 2019, l'utilizzo sempre in un semestre di oltre 68.000 mascherine chirurgiche contro le 33.600 nella gestione ordinaria.
In conclusione il messaggio del sindaco Valduga: "Sono qui per dire un grande grazie da parte della città, grazie prima di tutto per l'umanità che avete saputo mettere in campo".
Assessore Segnana:
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