
Picozza alla mano, sguardo diretto e pochi peli sulla lingua, Marco Confortola ha strappato più di un applauso al numeroso pubblico presente stamattina in piazza Dante. "Ogni mattina - è la sua massima - facciamo un bel sorriso alla vita", e ancora: "Bisogna imparare ad ascoltarsi, il nostro corpo è una macchina perfetta, tutti gli atleti lo sanno fare". Non ha paura poi a dire che, nella sua prima salita sull'Everest nel 2004 ha "usato l'ossigeno", ma solo nell'ultimo tratto; con l'Everest ha quindi ha iniziato la scalata delle cime più alte "e ho capito la differenza fra ossigeno e non ossigeno". Il suo ultimo libro è proprio: "Il cacciatore di 8.000. La mia sfida alle montagne più alte del mondo": Confortola ne ha scalate dieci, ognuna di queste una sua storia, di fatica e soddisfazioni, ma anche di amicizie, a partire da Silvio "Gnaro" Mondinelli, ricordato più volte nel corso dell'incontro.
Poi il terremoto in Nepal nel 2015 che vive in diretta: "Ero al campo base, inizialmente ho pensato fosse una valanga, ma poi ho capito che era un terremoto. Sono sceso ad aiutare e sono tornato a casa con una grande tristezza. Per questo abbiamo avviato una raccolta fondi e rifatto una scuola per i bambini nepalesi. Loro hanno solo due desideri, mangiare e studiare. Il mio più grande ottomila è stata proprio la realizzazione di questa scuola, perché il futuro del mondo è in mano ai giovani".