Sabato, 01 Giugno 2013 - 02:00 Comunicato 1592

BINI SMAGHI: LO STATO IN BANCA? UNA NECESSITÀ PER L'ECONOMIA, MA IMPOPOLARE

"Il sistema bancario ha bisogno di capitale pubblico per stabilizzarsi, almeno temporaneamente - ha detto Lorenzo Bini Smaghi nell'incontro promosso dalla Federazione trentina della cooperazione - Unica scelta possibile, ma impopolare". Uscire dall'euro? Sarebbe un disastro. Per Donato Masciandaro: "Pericoloso e tossico far entrare lo Stato in banca". Per Leonardo Becchetti, invece, tocca ai cittadini con il loro portafoglio stimolare le banche a diventare più socialmente responsabili.
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Gli Stati hanno perso sovranità con la globalizzazione? Nel settore bancario in realtà gli Stati nazionali hanno fatto un cattivo uso della sovranità. Ad esempio in Irlanda o a Cipro, dove faceva comodo alla classe dirigente di quei paesi avere sistemi bancari e finanziari sovradimensionati, almeno finché pagavano tasse e creavano occupazione e ricchezza.
Poi, quando è scoppiata la crisi, è emersa la fragilità del sistema e ai governi non è rimasto altro che prendere misure di austerità. È quel che è successo anche in Italia alla fine del 2011, dove si è preferito aumentare le tasse piuttosto che fare le riforme necessarie. Così adesso siamo vent'anni indietro, come ha affermato ieri il Governatore della banca d'Italia.
Parola di Lorenzo Bini Smaghi, economista già nel board della Bce e attualmente docente ad Harvard e presidente di Snam Gas, che ha aperto oggi alla Fondazione Cassa di Risparmio il confronto con Leonardo Becchetti e Donato Masciandaro sul tema "Sovranità, biodiversità e finanza" organizzato dalla Cooperazione Trentina e coordinato dal giornalista Franco de Battaglia.
Cosa fare per far ripartire il sistema bancario e sostenere l'economia? "Sicuramente la soluzione non viene dall'uscita dall'euro – ha detto Bini Smaghi - sarebbe un disastro. Le svalutazioni fatte negli anni Settanta ci hanno fatto perdere le aziende più avanzate. Oggi tutti i paesi più avanzati hanno un cambio forte. Magari una eventuale uscita dall'euro porterebbe qualche vantaggio immediato, ma occorre guardare avanti e puntare invece sull'innovazione".
Bini Smaghi propone una ricetta che egli stesso ha definito rivoluzionaria. "Oggi non c'è alcun operatore privato disposto a ricapitalizzare il sistema bancario, perché ha paura. Il problema è che se non hanno abbastanza capitale, le banche saranno sempre più prudenti. Il ruolo dell'ente pubblico dovrebbe essere quello di stabilizzare il sistema, come hanno fatto negli Stati Uniti appena scoppiata la crisi. Per due o tre anni occorre portare il capitale delle banche sui migliori sistemi europei, e così tranquillizzare i manager bancari e indurli a prendere più rischi e a prestare di nuovo. Il problema di questa scelta è che è antipopolare. Una soluzione che fa bene all'economia, ma è contro la volontà popolare dei cittadini che non ne possono più di dare soldi alle banche. Eppure, se vogliamo evitare questo processo di avvitamento che sta peggiorando la situazione economica, questa è l'unica situazione".
Una posizione non condivisa da Donato Masciandaro, docente alla Bocconi di economia politica e regolamentazione finanziaria. "È pericoloso far entrare lo Stato in banca, soprattutto in paesi che hanno un basso livello di capitale civile. Non nascondiamoci che noi siamo un Paese ad alta propensione a violare le leggi. Quando lo Stato entra in banca, è una tossina. Se va bene la banca diventa ancora più inefficiente, se va male c'è il pericolo di corruzione.
Poi in America non è stato comunque risolto il problema dell'indebitamento. Pensiamo piuttosto ad un sistema bancario che deve ferocemente diminuire i suoi costi. Ma oggi è più facile tagliare il credito che ridurre i costi".
Sulla stessa linea Leonardo Becchetti, docente di economia politica a Tor Vergata, secondo cui quello che serve in questo Paese è più capitale sociale e meno Stato. "I cittadini devono votare con il portafoglio. Le banche non sono tutte uguali, ci sono quelle più a servizio dei cittadini e delle imprese, e quelle che lo sono meno. Ci sono i cittadini che sono più informati e responsabili, e che votano con il loro portafoglio per le banche migliori, non per altruismo ma per auto-interesse lungimirante. È sbagliato aspettarsi sempre la soluzione da un ‘sovrano illuminato'". -