Tutela, conservazione e valorizzazione sono le linee guida della pubblicazione alla quale hanno prestato la collaborazione, oltre agli archeologi della Soprintendenza, studiosi e ricercatori di altre istituzioni scientifiche nell’ottica di un approccio multidisciplinare. Il volume consta di una prima parte con approfondimenti di tematiche che spaziano dall’età del Rame alla Prima guerra mondiale e di un notiziario relativo ad attività di scavo, restauro, didattica e valorizzazione.
La preistoria occupa una parte importante del volume con il ritrovamento di una nuova sepoltura risalente all’età del Rame a Nogarole di Mezzolombardo in Valle dell’Adige. Si tratta di una struttura sepolcrale all’interno di una piccola nicchia posta lungo la parete di roccia, il cui recupero ha necessitato una imponente impalcatura. Come l’uomo frequentasse le terre alte anche nell’antichità è testimoniato dal riparo di Sass di Conca, nel Comune di Pelugo in Val Rendena, posto a 2100 metri di altitudine, dove sono state documentate tracce di frequentazione sporadica collocabili tra la fine dell’età del Bronzo e l’età del Ferro. Sulla cresta della Mendola, a cavallo tra Trentino e Alto Adige, lo scavo archeologico sul Monte Campana/Glockenbühel ha messo in luce un rogo votivo di alta quota che costituisce un punto di collegamento tra la Val di Non con il Monte Ozol, la Valle dell’Adige e la Val d’Isarco con i roghi votivi alpini dell’età del Bronzo del Monte Rocca/Schwarzhorn e dello Sciliar/Schlern. Il sito evidenzia, come in altri siti cultuali di montagna, legami con la transumanza e la metallurgia. La diffusione dell’attività metallurgica, ampiamente praticata nelle zone alpine in epoca antica, è documentata anche nello scavo condotto nella chiesa dei SS. Fabiano e Sebastiano a Selva di Levico. Durante lavori di riqualificazione è emersa una ipotetica area artigianale-produttiva. Anche il sottosuolo della chiesa di Santa Maria Assunta a Smarano, in Val di Non, ha restituito tracce di strutture insediative di età romana e di un più antico contesto cultuale databile all’età del Ferro. Proviene da Piedicastello, ai piedi del Dos Trento, un frammento di fregio marmoreo di epoca tardoantica/altomedievale che costituisce un ulteriore elemento architettonico decorato a riprova del carattere monumentale della Trento romana. Tracciano un quadro della varietà delle monete circolanti nel territorio trentino nel periodo tardoantico le 31 monete romaneimperiali, recuperate, seppur fuori contesto, in località Scalette a Mezzocorona e riconducibili alle vicende militari del tempo e ai soldati provenienti dalle parti orientali dell’Impero romano. Sono conservati presso il Castello del Buonconsiglio i reperti archeologici in ferro databili tra il VI e il I secolo a. C. oggetti di un intervento di restauro conservativo condotto con una innovativa metodologia che vede l’applicazione di bagni di declorurazione. Per gli stessi reperti è stata inoltre studiata una modalità di conservazione a lungo termine grazie all’impiego di contenitori in schiuma di polietilene e ad uno specifico film per la protezione dagli inquinanti. Infine un’iniziativa dei Servizi Educativi dell’Ufficio beni archeologici che ha coinvolto le generazioni più giovani per la valorizzazione del patrimonio archeologico della Trento romana. Si tratta del progetto “Sulle tracce dei segreti di Tridentum” al quale hanno preso parte ragazze e ragazzi delle scuole di ogni ordine. Un percorso di conoscenza e di riflessione per apprezzare e vivere con responsabilità l’inestimabile patrimonio culturale che appartiene a tutti e in quanto tale va salvaguardato e trasmesso alle generazioni future.
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