Da quel giorno - era la notte tra il 4 e il 5 gennaio 2013 - il papà di “Caro”, ha scelto di impegnarsi per raccogliere il messaggio lanciato dalla figlia nella sua lettera d’addio: “Le parole fanno più male delle botte. Ciò che è accaduto a me non deve più succedere a nessuno”. Carolina era una ragazza estremamente normale, forse più che “normale”. Era bella, atletica e forte. Aveva vinto da poche settimane i campionati regionali di salto in alto. E proprio per questo non era facile affondarla: si permetteva di non “partecipare” alla vita sociale dei suoi nuovi compagni di scuola, non piaceva perché era una ragazza che aveva anche tanti altri interessi e impegni, che le arricchivano la vita. E non la facevano dipendere da nessuno. Il gruppo tutto questo non l’ha accettato: è stata organizzata una festa, Carolina è stata invitata, fatta ubriacare, poi derisa tra atti osceni e provocazioni, e poi lanciato il video in rete.
I commenti, manco a dirlo, non sono tardati ad arrivare sulla pagina Facebook di Carolina, e a diffondersi rapidamente, troppo forse: disprezzo, odio, cattiveria. Per una ragazza di quattordici anni, ciò vuole dire avere una reputazione distrutta e una violazione del proprio corpo e intimità. Carolina non è riuscita a reagire, si è trovata impreparata e poi ne è seguita la tragedia.
“Se Carolina ha avuto la forza di scrivere ciò che ha scritto, prima di fare quello che ha fatto ("Le parole fanno più male delle botte") – dice Paolo Picchio– io non potevo starmene fermo". Così come oggi non si può “banalizzare” l’odio nel web alla stregua di semplici “ragazzate”: lo ha stabilito il primo processo in Italia sul cyberbullismo, un termine che indica precisamente quel tipo di attacco continuo, ripetuto, offensivo e sistematico attuato verso qualcuno mediante gli strumenti della rete. A differenza di altre forme di bullismo, il problema del virtuale è che ogni gesto rimane per sempre, ed è il silenzio della rete, amici conosciuti e sconosciuti, che contribuisce a creare il cyberbullismo, oltre alla sua potenza virtuale. La legge del 2017 mette al centro la scuola per il suo ruolo determinante e per la prima volta nell’ordinamento vi è definizione legislativa di bullismo telematico. Sono poi spiegate le tutele. I ragazzi sopra i 14 anni (anche senza che i genitori lo sappiano) possono chiedere direttamente al gestore del sito l'oscuramento o la rimozione dell'aggressione on line. Nel caso in cui il gestore ignori l’allarme, la vittima, stavolta con il genitore informato, potrà rivolgersi al Garante per la Privacy che entro 48 ore dovrà intervenire. Dalla definizione di gestore sono esclusi gli access provider, i cache provider e i motori di ricerca. E con riferimento al sistema scolastico In ogni istituto sarà individuato tra i docenti un referente per le iniziative contro il cyberbullismo. Dal 2018 la Fondazione Carolina Onlus è in contatto con scuole, formatori, docenti e famiglie, con lo scopo di fornire supporto ma anche di diffondere un’educazione alla vita virtuale che è reale tanto quella fisica: la normalità digitale dev’essere educata, è un luogo e come tutti i luoghi va abitato. Perché anche la dimensione digitale delle relazioni deve ritrovare una sana autenticità.
Fabio Zanardi, formatore, spiega: “Il cyberbullismo si combatte anche con gli strumenti digitali, stiamo perfezionando app che possano permettere una condivisione istantanea tra insegnanti, docenti e formatori della comunità nel momento in cui sorge un problema. Il nodo da risolvere, però, rimane ancora nelle relazioni - prosegue Zanardi – e nella mancanza di comunicazione tra le due istituzioni formative per antonomasia, la famiglia e la scuola”.
E se è pur vero che la rete, oggigiorno, è la nuova trama di relazioni sociali, la nuova “piazza” nella quale si interfacciano gli utenti, ciò non può esulare dai valori che ci rendono ‘umani’.
Oggi la Fondazione ha toccato ben oltre le 16 Regioni, con 125 scuole raggiunte e 430 incontri, circa 6.500 genitori sensibilizzati e più di 3600 docenti aggiornati. Ricerca, prevenzione, sostegno e formazione continua sono queste le azioni chiave individuate, e poi attività di ricerca per anticipare quei fenomeni che possono generare disagio a fronte di una cattiva esperienza digitale e con i suoi esperti, e naturalmente supporto su tutto il territorio nazionale per i casi più gravi di cyberbullismo. Per poter navigare felici. (http://www.fondazionecarolina.org)
In serata la conversazione è proseguita all’Aperitivo Digitale, quattro chiacchiere informali insieme al giornalista Francesco Marcovecchio dell’ufficio stampa provinciale, Sara Tonelli ed Enrico Piras due ricercatori della Fondazione Bruno Kessler.
Non è facile per un genitore riuscire a captare ciò che accade nella via di un figlio, in piena età adolescenziale. Ancor più difficile è riuscirci in un mondo governato dal digitale, ha chiesto Marcovecchio. “I nostri ragazzi sono nativi digitali – ha spiegato Picchio – ma non ne conoscono le possibili distorsioni: è questo quello che dobbiamo insegnare loro”. Una novità, dal Trentino arriva con CREEP, l’attività di innovazione promossa e finanziata da EIT Digital, organizzazione che promuove a livello europeo la trasformazione digitale. Il progetto è coordinato da Fondazione Bruno Kessler e TrentinoSalute 4.0 e si propone di sviluppare tecnologie e soluzioni avanzate per l’individuazione precoce e la prevenzione degli effetti del cyberbullismo tramite il monitoraggio dei social media e l’adozione di tecnologie motivazionali (chatbot).
Intervista a Paolo Picchio: